«Io prenderò il diritto per livello, e la giustizia per piombino» (Isaia 28,17).

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LOGORROICI DEVOZIONALI

 

 a cura di Nicola Martella

 

I logorroici ci sono anche nella devozione, ossia nel rapporto con Dio. Classica è la preghiera del fariseo nel tempio, il quale si vantava dinanzi a Dio di tutte le sue virtù e, per sottolineare la sua bravura, prese le distanze da altri, specialmente da un peccatore che, ravveduto, si stava battendo il petto dinanzi al Signore (Lc 18,10-14).

     Gesù insegnò ai suoi seguaci: «Ora, nel pregare, non usate inutili ripetizioni come fanno i pagani, perché essi pensano di essere

 

Logorroici devozionali

esauditi per il gran numero delle loro parole» (Mt 6,7).

     Già dieci secoli prima, il re Salomone dava questo consiglio: «Non essere precipitoso nel parlare e il tuo cuore non si affretti a proferire parola davanti a Dio; perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra; le tue parole siano dunque poche» (Ec 5,2).

     Ho il ricordo delle preghiere di quei logorroici devozionali, che pregano all’incirca così: «Signore, tu sai, quello che è successo ad Adamo ed Eva... » (o Abramo, ecc.) e poi segue una lunga carrellata di fatti storici o dottrinali, che Dio dovrebbe sapere. Mi immagino Dio, che pensa: «Ma no, dimmelo tu: che dovrei sapere?».

     Ricordo da ragazzo, quando frequentavo certe chiese, le preghiere «teatrali», con lunghe carrellate di informazioni, con scambi di binari e perdita del filo del discorso; se già gli uomini si annoiavano, penso che anche Dio avesse deposto la «cornetta» d’ascolto. Poi, c’erano le preghiere con voce così tonante che chi pregava, pensava magari che ciò fosse «autorità», ma era spesso soltanto fastidio e «smog acustico» per i timpani. Per non parlare delle preghiere, in cui si mandavano «messaggi subliminali (ma non troppo)» a qualcuno o su qualcuno. Infine, come dimenticare la «predica bis» o la «contro-predica» in preghiera?

     Poi ricordo le preghiere con sceneggiata autobiografica o da «caro diario... ». Alcuni decenni or sono, all’inizio del nostro ministero in Italia, ricordo che nella chiesa, in cui mi trovavo come ospite per alcuni mesi, prese a pregare una donna, anch’ella ospite quella domenica. Pregò, così mi parve, per un’eternità. In tale «preghiera» rise, pianse, invocò Dio, gli confidò segreti, evocò il suo passato, raccontò la sua biografia, palesò aspetti reconditi della sua vita e così via.

     Per questo, nelle comunità, in cui sono stato coinvolto nella fondazione e nell’edificazione, abbiamo insegnato l’arte del misericordioso ed efficace «pregare breve».

 

 Quando parli con Dio, fallo secondo la sua volontà e secondo le sue direttive,

altrimenti nessuno garantisce che Egli ti stia veramente ad ascoltare!

 

Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

1. Guerino De Masi

2. Salvatore Canu

3. Edoardo Piacentini

4. Nicola Martella

5. Pietro Calenzo

6.

7.

8.

9.

10.

11.

12. Autori vari

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Guerino De Masi}

 

Condivido in toto. È anche un mio «cavallo di battaglia»! Consiglio sempre ai miei fratelli (e sorelle) di essere se stessi e schietti nel pregare. Esemplifico anche con la richiesta del figlio al genitore, quando ha fame: Cosa deve dire? Deve forse impostare la sua voce? Applicare una tonalità oratoriale? Mettersi in postura e ambiente adeguati? Fare un’analisi biologica del suo bisogno naturale? No. Dirà semplicemente: «Mamma, papà (abba), ho fame. Mi dai da mangiare, per favore?». {02-03-2013}

 

2. {Salvatore Canu}

 

Pienamente d’accordo su questa meravigliosa riflessione. Piuttosto si fa bene a prendere esempio da Daniele, che si chiudeva nella sua stanza e, rivolto verso Gerusalemme e in intimità con Dio, si accostava in preghiera, senza temere; anzi dinanzi al giudizio del re, continuo guardando a Dio e non alle circostanze. Non voglio approfondire questo, perché appartiene a un altro contesto, ossia all’importanza della preghiera, ma vorrei dire che dobbiamo piacere a Dio e non all’uomo; e pertanto, il Signore stesso dice questo: «Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa» (Matteo 6,6). E quando si prega in assemblea, come è stato pienamente illustrato in questa riflessione, è bene usare poche parole e necessarie parole, che vengono non dai sentimenti, ma preghiere reali; perdonatemi, se lo sottolineo, ma spesso vedo e sento questo. {02-03-2013}

 

 

3. {Edoardo Piacentini}

 

La preghiera è una delle esperienze più sante della vita cristiana. Essa è una comunione diretta con il Signore, un parlare con Lui, vincendo così tutte le distanze, che possono esserci tra Dio, santo e onnipotente, e la creatura umana, che è come l’erba oggi, e domani si secca. La nostra vita ha bisogno continuamente di essere alimentata da forze spirituali. Oltre alla lettura e alla meditazione della Parola di Dio, molto può l’intercessione personale fatta al Signore. Essa ritempra lo spirito, vivifica la fede, accresce la speranza.

     Teniamo presente che Gesù, il Figliuolo di Dio, secondo quanto ci ricordano gli Evangeli, molte volte sostava in preghiera di giorno e di notte. «Dopo aver congedato la folla, si ritirò in disparte sul monte a pregare. E, venuta la sera, se ne stava lassù tutto solo» (Matteo 14,23). Gesù prega nel Getsemani, prega per i discepoli, prega per Pietro, prega prima di rendere lo spirito sulla croce. Il Figliuolo di Dio durante il suo ministero terreno si è tenuto sempre in comunione con il Padre suo mediante la preghiera.

     E se questo faceva Lui, che era santo e giusto, quanto più dobbiamo farlo noi, che pronti non siamo! Per questo il Signore fa a noi questa raccomandazione: «Vegliate, dunque, pregando in ogni tempo» (Luca 21,36). Se il fervore spirituale in alcuni di noi si è raffreddato, è perché è venuto meno lo spirito della preghiera.

     Certo, la preghiera non è un insieme di parole, che casualmente compaiono sulla bocca, ma una devozione, che parte dal cuore e che si realizza come frutto della fede. Infatti, Gesù ci mette in guardia dal pronunziare preghiere meccaniche: «Non chi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli» (Matteo 7,21). La preghiera, inoltre, è diretta a Dio e non agli uomini; per cui chi prega per ostentazione o per farsi notare dagli altri credenti, è un ipocrita, e la sua preghiera non è esaudita. «Quando pregate, non siate come gli ipocriti; poiché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno» (Matteo 6,5). E nemmeno è esaudita quella preghiera, che il caro Nicola definisce «logorroica», vale a dire prolissa, ritenendo che più è lunga l’orazione e più si ha la garanzia che essa sia esaudita dal Signore. Gesù afferma: «Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non fate dunque come loro, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate» (Matteo 6,7-8).

     La preghiera accetta al Signore è quella, che chiede a Dio amore e benessere, vede sorgere frutti concreti di benedizioni e liberazioni. Nel cap. 12 del Libro degli Atti si parla della prigionia dell’apostolo Pietro e della sua miracolosa scarcerazione. Ci fu un intervento diretto di Dio per cui l’apostolo fu liberato dalle catene, poté lasciare indietro le guardie, e vedere la porta di ferro aprirsi da sé. Come spiegare questo fatto? Luca ci tramanda questo particolare: «Ma, mentre Pietro era custodito nella prigione, continue orazioni a Dio erano fatte dalla chiesa per lui» (Atti 12,5). C’era dunque la chiesa, che pregava fervidamente, affinché Pietro fosse liberato. Allora dobbiamo dire la preghiera è potenza di Dio in azione. Noi, come Chiesa e come credenti, non dobbiamo trascurare o sottovalutare questa potenza della preghiera, ricordandoci che è lo Spirito Santo, che intercede Egli stesso per noi e sovviene alla nostra debolezza.

     È stato detto: «Se non saremo una chiesa, che prega, non potremo essere neanche una chiesa, che vince». Perciò, facciamo nostre le esortazioni della Parola di Dio: «Non cessate mai di pregare» (1 Tessalonicesi 5,17). «Non siate in ansietà per cosa alcuna, ma in ogni cosa le vostre richieste siano rese note a Dio mediante preghiera e supplica, con ringraziamento» (Filippesi 4,6). «Ma chiedete con fede senza dubitare, perché chi dubita è simile all’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là» (Giacomo 1,6). {03-03-2013}

 

 

4. {Nicola Martella}

 

Contributo: Abbiamo parlato di coloro che pregano, dicendo: «Signore, tu sai che... ». Fra i credenti esiste anche un certo tipo di persone, che pregando, usa un continuo e iterativo «Signore,... !» («o Signore», «tu, Signore», ecc.); praticamente è intercalato un «Signore» ogni tre parole. Evidentemente tali cristiani hanno timore che Dio si distragga, non li ascolti veramente o che, non sollecitando, possa cadere la linea col Cielo!

 

Pietro Calenzo: Alcuni usano come seconda variante invocativa «o Padre...!», ricorrente più nelle preghiere che nei sermoni. {04-03-2013}

 

Nicola Martella: Certo, poi ci sono coloro che hanno almeno la fantasia di usare in una preghiera l’intera onomastica divina, variando ogni tre parole con: Signore, Dio, Altissimo, Onnipotente, Eterno e così via. Altri, per non tralasciare alcuna Persona della Trinità, intercalano Padre, Figlio e Spirito Santo continuamente. Altri ancora pensano che usando i nomi ebraici o greci delle tre Persone divine (p.es. Jahwè, Rûach, Iešûa, Elohim. El Šadddaj, ecc.) abbiano un accesso privilegiato al trono della grazia.

 

Giacomo Todaro: Ha, ha, ha, ha, sì, sì, mi è capitato! ☺ Di solito sono fratelli e sorelle, che non hanno potuto avere un grado d’istruzione elevato. Oppure chiedono l’esaudimento di preghiere nella disperazione dei loro cuori... proprio per questo non ci trovo niente di divertente. {04-03-2013}

 

Rita Fabi: Una terza variante, usata di continuo è: «Gloria a Dio». Parli di zucchine e allora via un bel «Gloria a Dio», intercalante a interrompere le frasi. È quello che più mal sopporto e che mi riporta indietro alle litanie cattoliche. {04-03-2013}

 

Nicola Martella: Rita Fabi, Hai ragione riguardo a tali intercalari devozionali continui nel normale discorso. Nella preghiera risuona all’incirca così: «Tu sai, Signore, che la sorella Mafalda ha bisogno della tua forza, alleluia, ora che è morto il fratello Claudio, gloria a Dio, e i suoi due figli sono attualmente malati».

 

Rita Fabi: Infatti, Nicola, quell’intercalare interrompe sempre, anche quando si parla, e ciò viene dal fatto che si tratta di un modo di pregare, che poi diventa un comune modo di parlare. E nel parlare questo intercalare lo trovo anche peggiore, ma è ovvio che qua si parlava di un intercalare durante le preghiere. {04-03-2013}

 

Pietro Calenzo: Ciò accade anche nei sermoni, Rita, anche se in maniera più blanda. Ecco esempio dal pulpito, da me ascoltato: «Alcuni affermano che i doni dello Spirito siano più di nove, ma noi, gloria al Signore, affermiamo che sono solamente nove, oh gloria a Dio, come riportato nella 1 Corinzi, alleluia, alleluia, alleluia...». Peccato per il predicatore, visto che la Scrittura c’indica altre liste di doni spirituali. {04-03-2013}

 

Nicola Martella: Pietro Calenzo, Ecco altri esempi di errata collocazione degli intercalari nei sermoni e nelle notizie.

     ● «Fratelli, pratichiamo i frutti dello Spirito, alleluia, poiché le opere della carne, gloria a Dio, lo disonorano».

     ● «Fratelli, dobbiamo comunicarvi la triste notizia, o gloria a Dio, della morte del fratello Augusto, che ora sta alla presenza di Dio e che, alleluia, ha lasciato la moglie e due figli, ma non sono credenti».

 

Lucia Vitangeli Giannicola: Ricordo che, anni fa, avendo invitato al culto un conoscente non-credente, mi chiese come mai ogni due parole in preghiera i fratelli dicessero «Signore». Inoltre, mi disse: «Credete forse che Dio si distragga, mentre pregate e lo richiamate all’attenzione, o non ricordi più il suo nome?». Sorrisi, non sapendo cosa rispondere. {04-03-2013}

 

 

5. {Pietro Calenzo}

 

Contributo: Domanda per Nicola, e per noi tutti: come se la cavano quei credenti che, dall’alto della loro scienza scritturale, scrivono non «Dio», ma «D_o»? {04-03-2013}

 

Nicola Martella: È una giudaizzazione superstiziosa, che anche i Gentili hanno acquisito, e che ritengo essere una cattiva abitudine e snobismo. Io la contesto e l’avverso vivamente. La comunicazione è fatta per farsi capire, non per gli «iniziati» a un’onomastica divina incomprensibile.

 

Pietro Calenzo: Ed è un difficile esercizio, anche dal punto di vista morfologico. Grazie, Nicola. ☺ {04-03-2013}

 

 

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12. {Autori vari}

 

Alessio Rando: Coloro che pregano in modo teatrale, in realtà non stanno pregando, ma si vogliono solo mettere in mostra nella chiesa locale! {02-03-2013}

 

Salvatore Paone: Molto simpatica questa nota. Andrebbe in «motti di spirito». {02-03-2013}

 

Franco D’Antoni: Io non capisco quelle persone, che gridano con autorità; non si rendono conto che si stanno rivolgendo a Dio? Ma! {02-03-2013}

 

Logorrea devozionale {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://diakrisis.altervista.org/_Disc/T1-Logorr_devozion_OiG.htm

02-03-2013; Aggiornamento: 31-07-2015

 

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