Avviso: Si prega i membri
dell’assemblea di disintossicarsi a tempo dalla perniciosa patologia ecclesiale
chiamata «logorrea devozionale» e d’istallare nella propria prassi di preghiera
un appropriato antivirus contro ogni blaterare! Attenzione al pericolo di
contagio reciproco per imitazione e consuetudine! |
L’immagine ritrae il fariseo, che nella similitudine di Gesù si
vanta dinanzi a Dio per i suoi pregi morali e devozionali (Luca 18,11s). Oltre a quanto ho scritto sull’immagine, qui
di seguito riporto alcuni aneddoti, che mi sono rimasti impressi nella
memoria.
Chi non conosce le preghiere
lunghe e interminabili di alcuni credenti, che, come sembra, dicono a Dio
tutto ciò che sanno o che vorrebbero finalmente dirgli, quasi per timore
che magari non avranno un’altra occasione per parlare con Dio o non lo vedranno
mai più? Ogni volta sembra |
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essere tale ultima volta. Chiaramente, così facendo, non può
esserci l’ombra di un «pari consentimento», visto che siffatti credenti
dalla facile logorrea occupano in genere metà dell’incontro di chiesa. Fra terra
e cielo si fa strada un’incerta atmosfera pregna di noia e di narcosi
ecclesiale. Alla fine di siffatta «lungaggine» oratoria, «l’amen»
non è, in genere, di approvazione, ma di liberazione.
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Ricordo una volta, decenni or sono, che ero ospite di
una famiglia, che viveva in una zona di mare nel nord d’Italia. Nell’assemblea
arrivò una donna credente, che si trovava lì per turismo. Ella pregò per
circa mezz’ora. E nella sua preghiera ricapitolò pressoché tutta la sua
biografia e una certa parte della dottrina, usando intonazioni differenti della
voce, con un’inflessione ora triste, ora gioiosa. Alla fine, lei si era sfogata
con la sua psicoterapia devozionale, noi tutti eravamo finiti sul tappeto
per KO devozionale, interiormente chi sfibrato, chi contrariato e chi
sonnolente.
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Ricordo da ragazzo, quando capitavo in quella data
comunità nel sud d’Italia, si alzava un certo credente, che con voce
tonante cominciava la sua preghiera con un «Signoooore!» sonante come un
cembalo e molto dilatato. Poi, seguiva la sua catechesi
al Signore,
che cominciava spesso con: «Tu sai quello che è accaduto [ad Adamo e a Eva]...».
Il punto, in cui faceva iniziare e terminare la sua lunga carrellata della
storia della salvezza, era variabile.
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Mi è stato raccontato che nella stessa assemblea un
credente confessò in preghiera con voce altisonante e plateale di essere «il
più graaaande dei peccatori». Subito dopo, si alzò un altro credente, che
con voce solenne pregò: «Signoooore, non ascoltare la sua preghiera,
perché non ha parlato secondo verità! Infatti, il più graaaande dei
peccatori sono proprio io!».
Per
l’approfondimento biblico, rimando ai seguenti brani:
Ecclesiaste 5,1s; Matteo 6,7; Luca 18,11s
(cfr. anche Proverbi 10,19; Ecclesiaste 5,7; 6,11).
Mi fermo qui. Forse anche tu conosci altri casi
di «logorrea devozionale»; oppure hai una riflessione in merito.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
▲ (I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori).
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Guerino De Masi: C’è da torcersi dal ridere, se non fosse così tragicamente reale. Spero che ognuno
ne terrà conto, ogni volta che pregherà in comunità. {31-07-2015}
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Adriano Carmelo Bartolomeo: Conosco due credenti, che verso la fine del culto,
commentavano in preghiera la riunione, specialmente se era un altro, che portava il messaggio, e raccontavano tutta la Bibbia. Non so se era una preghiera al Signore o un sermone. Ma il mio «amen» era un
sospiro di liberazione. Purtroppo domenica sono da loro. {31-07-2015}
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Nicola Martella: Grazie! Ti penseremo domenica e saremo solidali con te, pensando al «martirio», che dovrai subire! La cosa pratica è che,
qualora uno non abbia capito il sermone dal pulpito, nel caso in cui non sia già troppo stremato, capirà il
sermone bis in preghiera. Perché fare le cose semplici, quando si possono fare complicate?
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Andrea Belli: Personalmente anch'io preferisco le
preghiere brevi e concise. Talvolta esse possono diventare dei mini-sermoni piuttosto che preghiere o suppliche. Tuttavia siamo chiamati a concentrarci e ad ascoltare la preghiera del fratello o della sorella, in quanto il nostro «amen» implica anche la nostra responsabilità di condivisione.
Se dobbiamo dire «amen» solo per liberarci di un peso, non credo che sia giusto, visto il profondo significato che tale termine ha. {31-07-2015}
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Nicola Martella: Non
dimenticare che qui la vena è un po’ umoristica. Inoltre, non siamo
obbligati a dire «amen!» a preghiere, che non condividiamo nel merito
(veracità) o nel metodo (lungaggine dovuta a sunto storico, a predica bis
o a contro-sermone rettificante).
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Damaris Lerici: «Ora, nel pregare, non usate
inutili ripetizioni come fanno i pagani, perché essi pensano di essere esauditi per il gran
numero delle loro parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate» (Matteo 6,7s). Questo brano ci ricorda come dobbiamo pregare. {31-07-2015}
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Guerino De Masi:
Con tutta la serietà dovuta e nel rispetto degli interventi precedenti, caro
Nicola, mi vien da ridere. J È
talmente conosciuto e risaputo che questo genere di fratelli «oratori
preganti» sono qualche volta oggetto di battutine un pochino
sarcastiche. E chi non ne ha sentite?
Io sapevo subito che un «tale» fratello stava per
pregare, visto che si schiariva dapprima la gola con un sonoro «grrrrr»! E a
voce impostata, iniziava la sua oratoria, pardon, preghiera, con cui
stava lì appunto per correggere o completare la predica o
preghiera precedente con tanto di citazioni, capitoli e versetti, ivi inclusa
una esegesi tutta personale, quando addirittura non riteneva necessario
aggiungere anche una qualche traduzione della parola greca o ebraica, di cui
pareva esperto.
No, decisamente no.
Pregare il nostro Padre celeste non necessita capacità oratoria e voce
impostata, ma un cuore sincero, che si apre al Signore sapendo d’essere
nudo davanti a Colui, che tutto sa prima ancora che gli presentiamo le nostre
richieste. Ben venga la semplicità infantile: «Papà aiutami. Papà non ce la
faccio. Grazie, Papà». Non è questo «l’Abba», che Gesù il Signore suggerisce?
{31-07-2015}
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Adriano Carmelo Bartolomeo:
Io preferisco dire «padre», invece che «papà»; è un mio sentimento
di rispetto.
Vi sono
altri invece che giusto la domenica, nel pregare, chiedono perdono di ciò, che hanno
fatto durante la settimana o chiedono perdono al Signore perché hanno mancato in
qualcosa, quel qualcosa che magari ha offeso il fratello, ma non chiedono scusa
al fratello. O pregano il Signore che i credenti siano più uniti, mentre
lui si vede una volta il sabato e la domenica, perché è anziano del sabato e
della domenica. È vero che abbiamo bisogno di parlare col Signore, ma
tale parlare non è solo quando si ci raduna, ma tutti i giorni la nostra mente
deve essere collegata in armonia col Signore, e tale armonia dev’essere anche
con i fratelli. {31-07-2015}
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Nicola Martella:
Faccio notare, di là dai gusti personali, che è legittimo dire a Dio sia «padre»
sia «papà». Gesù si rivolgeva a Dio, nei momenti più drammatici della sua
vita, così: «Abbà,
Padre!...»
(Mc 14,36). Qui troviamo insieme il termine aramaico particolare ’abbà (aram.
’ab; ebr. ’āb)
e quello greco patḗr
insieme all’interno della devozione personale. Lo Spirito di adozione, che i
rigenerati hanno ricevuto, permette loro, gli eredi, di rivolgersi a Dio,
chiamandolo: «Abbà! Padre!» (Rm 8,15; Gal 4,6s). Il termine aramaico particolare ’abbà era usato
affettuosamente in casa e corrisponde al nostro «papà, babbo».
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Francesco Cicala: Riguardo al problema della
lungaggine nella preghiera certamente ne ho sentite. In una assemblea
durante il culto della domenica c’era spazio al massimo per tre o quattro
fratelli, proprio per la lungaggine. Ma quello che mi fa più pena è la
preghiera, con cui qualcuno, alla fine del messaggio biblico di un anziano,
rettifica quello che ha ascoltato, facendo ciò secondo la sua veduta e non
secondo dottrina, arrogandosi il diritto di esercizio del ministero di anziano.
{31-07-2015}
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Stefano D’alessandro: Il Signore non ama i
lunghi salamelecchi, alla musulmana. Non cerchiamo parole rimbombanti, sofisticate, altisonanti, eloquenti, auliche; ma limitiamoci a parlargli con
semplicità e schiettezza, e sia la nostra lode breve, libera dal superfluo, che ingombra, dilunga e affievolisce la spinta sincera, che va
diritta al cuore del Padre. {31-07-2015}
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Edoardo Piacentini:
In realtà, siamo stati tutti vittime di qualche logorroico devozionale,
il quale anziché accendere nei cuori degli ascoltanti la passione per
Dio attraverso la sua preghiera, ha piuttosto spento lo spirito di
devozione, che aleggiava nella comunità, prima che iniziasse a pregare.
Eppure la preghiera ha un posto importante
nella vita di Cristo e dei suoi discepoli, così come lo ha avuto anche nei
credenti dell’Antico Testamento. In Luca 11,1 leggiamo che Gesù, dopo
aver pregato in un certo luogo, un discepolo gli chiese: «Insegnaci a
pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Poteva chiedere al Signore di diventare eloquente come Lui, che affascinava
le folle, «perché Egli le ammaestrava, come uno che ha autorità e non come
gli scribi» (Matteo 7,29), oppure di compiere segni, miracoli e prodigi,
come faceva Lui, tant’è che tutti «stupivano e dicevano: Da dove ha ricevuto
Costui questa sapienza e queste potenti operazioni?» (Matteo 13,54). Ma quel
discepolo comprese che la forza, la potenza, l’autorità e la fede incrollabile,
che Gesù manifestava continuamente, derivavano dalla preghiera che il
Signore elevava al Padre con tutto il suo cuore. Per questo motivo egli chiese
d’imparare a pregare, e negli Evangeli abbiamo tantissime istruzioni per
elevare preghiere gradite a Dio, tra le quali c’è quella di non usare «troppe
parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il
gran numero delle loro parole» (Matteo 6,7). {31-07-2015}
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Alessio Rando:
Meno male che Gesù insegna a non fare i «parolai», quando si prega: «Nel
pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di
essere esauditi per il gran numero delle loro parole» (Mt 6,7).
Secondo me, il problema sta nel fatto che costoro non
sanno realmente cosa dire in preghiera, allora «condiscono» il tutto con
riferimenti alla loro conoscenza biblica e/o alla loro storia personale. Però
non siamo noi che dobbiamo catechizzare Dio, dato che Egli sa già ciò,
che ci è accaduto, e ciò che è scritto nella sua Parola.
La preghiera dev’essere semplice, il Signore sa ciò di
cui necessitiamo, non c’è bisogno di «annoiarlo» con riferimenti alla
storia biblica.
Ricordo una volta, che ero in una comunità
pentecostale, che un fratello condì le sue preghiere con riferimenti a Davide.
Lì per lì sono rimasto attonito, che bisogno c’era di riferirsi a Davide?
Oltretutto, tale credente disse (più o meno): «Signore, tu sai che Davide...».
Avrei voluto chiedergli: «Fratello, ma tu stesso hai detto che il Signore sa
ciò, che è accaduto a Davide, perché hai voluto ricordarglielo?!».
Mi capita anche di sentire preghiere che finiscono «nel
nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo», un po’ alla cattolica.
Magari accadrà che si faranno pure il segno della croce. Forse pensano che così
le preghiere siano più «potenti». Beh, la preghiera non è una formula
magica, che deve essere potente, ma è dialogo con Dio.
Anche il pregare «nel nome di Gesù» non è solo
porre il suo nome alla fine della preghiera (anche qui, non è una formula che
potenzia le preghiere), ma significa pregare come egli pregò. {31-07-2015}
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Nicola Martella:
Terminare la preghiera «nel nome di Gesù»,
è un atto di umiltà verso Dio. In tal modo il credente ammette di non
essere da se stesso degno di essere ascoltato dall’Onnipotente, ma che porta la
sua lode, il suo ringraziamento o le sue suppliche a Dio mediante il Sommo
Sacerdote Gesù, il Mediatore fra Dio e gli uomini (1 Tm 2,5).
Gesù stesso invitò i suoi discepoli a chiedere
cose al Padre «nel suo nome», ossia nella sua autorità, con la promessa
che il Signore stesso lo avrebbe compiuto (Gv 14,13s) o il Padre lo avrebbe dato
loro (Gv 15,16; 16,23s.26).
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Per
l’approfondimento si leggano i seguenti temi:
►
Logorroici devozionali {Nicola Martella} (T)
►
Preghiere non ascoltate
{Nicola Martella} (T)
►
URL: http://diakrisis.altervista.org/_Disc/T1-Logorrea_dev_Mds.htm
31-07-2015; Aggiornamento: |