«Io prenderò il diritto per livello, e la giustizia per piombino» (Isaia 28,17).

La fede che discerne la ferma verità in un tempo mutevole

«Diakrisis»: Discernimento — «Credere e comprendere»

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Salmo 23

 

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Consultando l’indice, ci si renderà conto che, oltre alla trattazione punto per punto, esiste un lungo articolo dal titolo «Applicazioni risultanti». In esso i singoli punti portano gli stessi titoli della trattazione. In varie opere, che abbiamo consultato, le asserzioni sul testo del Salmo 23 (spesso poche, a dir il vero) erano soverchiate dalla mania dell’applicazione (spesso solo devozionali) per l’oggi. Alla fine la seguente domanda rimaneva spesso senza risposta: «Allora che cosa intendeva Davide con questa espressione?». È chiaro che se non si capisce bene il testo, così come l’intendeva l’autore, lo si applicherà anche in modo arbitrario e avventuroso.      Separando la parte esegetica dalle applicazioni, c’è il seguente vantaggio: si semplifica la consultazione nel caso, in cui si vuol sapere soltanto ciò che sta veramente scritto in un punto specifico del testo biblico originale, senza doversi districare in una giungla di tante applicazioni per l’oggi. Per la lettura ci sono comunque due possibilità: 1) leggere il libro da cima a fondo; 2) leggere dapprima una parte esegetica e subito dopo la relativa applicazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INNESTO, FEDE E OPERE

 

 a cura di Nicola Martella

 

1. L’innesto fruttuoso

Colossesi 1,27     Prima deve avvenire l’innesto del ramoscello, preso dall’ulivo buono (Cristo), sull’olivastro (uomo peccatore, che si ravvede). Poi, sarà tale nuova vita a produrre i frutti. Non sono le buone opere a produrre la nuova vita, ma è l’innesto (la vita di Cristo nel credente) a produrre i buoni frutti.

     La premessa, perché si possa essere «innestati», è che si smetta di perseverare nella propria incredulità (Rm 11,23). Ciò avviene riconoscendo in Gesù il proprio Signore e Salvatore personale. Infatti, senza fede è impossibile piacere a Dio (Eb 11,6).

     Le buone opere sono una conseguenza della rigenerazione, non la sua premessa. Esse sono anche una prova del nove che si è veramente passati dalla morte alla vita. Infatti, la fede senza le opere è come un embrione abortito, che non ha mai visto la luce.

     Se l’innesto non attecchisce, non ci saranno frutti. Se la vita di Cristo non è innestata nell’uomo peccatore, per grazia mediante la fede, ci saranno solo «credenti» (di nome), mai rigenerati, che avranno solo una parvenza dell’ulivo buono, ma restano un ulivastro.

     Chi invece è stato innestato con la vita del Signore, ossia è stato rigenerato da Dio, ha ricevuto Gesù nella propria vita e, quindi, l’autorità di diventare un figlio di Dio (Gv 1,12s). Chi è rigenerato mediante lo Spirito (Gv 3,3.5), può sperimentare il seguente segreto: «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20). A ciò si aggiunga una vita cristocentrica oggi, nell’attesa dell’adempimento finale: «Cristo in voi: la speranza della gloria» (Col 1,27).

 

2. Per l’approfondimento biblico (Il senso di questa lista di versi è di stimolare la riflessione dei lettori, per aiutarli formulare contributi confacenti al tema):

     «Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie son passate: ecco, son diventate nuove» (2 Cor 5,17).

     «Lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio» (Rm 8,16).

     ■ «Esaminate voi stessi per vedere se siete nella fede; provate voi stessi. Non riconoscete voi medesimi che Gesù Cristo è in voi? A meno che proprio siate riprovati» (2 Cor 13,5).

     «Il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: “Il Signore conosce quelli, che son suoi”, e: “Si ritragga dall’iniquità chiunque nomina il nome del Signore”» (2 Tm 2,19).

 

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► URL: http://diakrisis.altervista.org/_Dot/T1-Innesto_S23.htm

05-05-2014; Aggiornamento:

 

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