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1. {Sefora Papagna}
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Contributo: Ho sentito ultimamente questa
espressione: «Esercitate la fede». È biblica, e se sì, in cosa
consisterebbe? Saluti. {19-08-2011}
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Risposta (Nicola
Martella): Nella Bibbia la «fede» non è mai un discorso a sé stante;
ad esempio, non si può semplicemente dire: «Che uomo di fede!». La fede ha
sempre un oggetto, che è o legittimo, o illegittimo, ossia o è il Dio
vivente, o è un anti-Dio (se stessi, la religione, un idolo, un patrono, uno
spirito, un angelo, un’entità qualsiasi, una ideologia). Un idolatra, non
è un «uomo di fede», ma un «uomo religioso». Un «uomo di fede» è chi è
entrato nel patto di Cristo, ha una devozione personale col proprio Signore
secondo la Scrittura, vive in ubbidienza a Dio e attende fiducioso la
realizzazione delle promesse di Dio (cfr. Eb 11).
Neppure le
opere in se stesse, i segni e prodigi, che si possono fare (Mt 7,22s), o
quante anime si è portato a conversione, possono essere un oggetto di fede. La
fede è la fiducia nelle possibilità di Dio, non nelle proprie prestazioni
(Tt 3,5). La fede quale fiducia nelle possibilità di Dio non rimane mai
inoperosa o sterile, come è nella natura dell’innesto di portare
buoni frutti. Non bisogna però confondere le cause con gli effetti, e viceversa.
2. {Federico Martin Kadi}
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Contributo: La fede opera per mezzo del
amore (Gal 5,6) e senza opere è morta. «Così è della fede; se non
ha opere, è per sé stessa morta. Anzi uno piuttosto dirà: “Tu hai la fede, e io
ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti
mostrerò la mia fede”» (Gcm 2,17s). Per questo motivo prima di parlare
della fede, uno deve avere delle opere, del tipo: quante anime hai portato al
Signore in questa settimana? Se la risposta è nessuna, la domande è: quante
anime hai portato al Signore in questo mese? Se la risposta è nessuna, la
domanda è: quante anime hai portato al Signore in questo anno? Se la risposta è
nessuna, lascia stare il discorso della fede, ravvediti e torna al
primo amore. {19-08-2011}
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Risposta (Nicola Martella): Valga qui
quanto ho già detto sopra alla fine della risposta a Sefora Papagna. Giustamente
la fede è espressione dell’amore e produce opere. Tuttavia, quando leggo che «prima
di parlare della fede, uno deve avere delle opere» e queste sono limitate
solo al portare anime al Signore, comincio seriamente a preoccuparmi. Federico
Martin Kadi dà l’impressione d’essere un «superman della conversione» e
che ha un concetto della «fede evangelistica da ragioniere»; ciò mi preoccupa,
visto che è il Signore che rigenera quanti Egli ha messo sulla via della
salvezza e li aggiunge all’assemblea locale (At 2,47; 2 Cor 2,15).
Sono pure
preoccupato che a chi non ha una tale fede da «ragioniere delle anime», egli
ingiunga: «…lascia stare il discorso della fede, ravvediti e torna
al primo amore». Egli riduce tutte le opere della fede all’evangelizzazione e a
un iperattivismo evangelistico quasi compulsivo, ma questo — pur essendo
l’evangelizzazione importante — è una visione distorta sia dei molteplici
ministeri ecclesiali, sia della variegata grazia, che si mostra in carismi
diversi e, quindi, opere differenti.
Per fare
qualche esempio delle opere di fede, che nulla c’entrano con
l’evangelizzazione, Paolo parlò di «quest’opera d’amore» riferendosi alla
sovvenzione dei fratelli impoveriti della Giudea (2 Cor 8,7). Anche nel
verso citato di Galati 5,6 a proposito della «fede operante per mezzo
dell’amore», non parlò di evangelizzazione, ma pose il contrasto con la
giudaizzazione, ricordò l’ubbidienza alla verità (v. 7), la libertà responsabile
e specialmente il fatto che «per mezzo dell’amore servite gli uni agli
altri» (v. 13); il verso 13 spiega proprio che cosa l’apostolo
intendesse nel verso 6. In corrispondenza a ciò, anche in 1 Tessalonicesi 1,3 «l’opera
della vostra fede» non è connessa direttamente con l’evangelizzazione,
ma con le «fatiche del vostro amore» e con la «costanza
della vostra speranza» in Cristo, quindi con un orizzonte molto più ampio. A
ciò si aggiunga che Paolo ribadì che è «il Dio nostro» a compiere «l’opera
della vostra fede, affinché il nome del nostro Signor Gesù sia glorificato in
voi» (2 Ts 1,11s). Qui si tratta di santificazione e crescita,
non di evangelizzazione. Anche nella lettera di Gesù al conduttore della chiesa
di Tiatiri, concetti quali opere, amore e fede non sono limitati solo
all’evangelizzazione: «Io conosco le tue opere e il tuo amore e la tua fede e
il tuo ministero e la tua costanza, e che le tue opere ultime sono più
abbondanti delle prime» (Ap 2,19).
3. {Federico Martin Kadi}
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■ Contributo: «Or
la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che
non si vedono» (Eb 11,1). La certezza nasce dalla parola, che si ascolta.
«Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla
parola di Cristo» (Rom 10,17). Per ricevere fede ed essere salvato,
qualcuno deve predicare: «Ora, come invocheranno colui nel quale non
hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E
come potranno sentirne parlare, se non c’è chi lo annunzi?» (Rom 10,14).
Dopo 3 anni di ministero, Gesù, prima di salire in cielo, ha detto: «Ma
riceverete potenza, quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete
testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino
all’estremità della terra» (At 1,8). E dopo che per fede e in ubbidienza
alla sua Parola, essi sono andati a predicare: «E quelli se ne andarono a
predicare dappertutto e il Signore operava con loro confermando la Parola con i
segni che l’accompagnavano» (Mar 16,20). Se non ci sono conferme né frutto (=
salvezza di anime), sono solo parole; e parlare possono in molti, ma dimostrare
in pochi. {19-08-2011}
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Risposta (Nicola Martella): Come già detto,
quello che Federico Martin Kadi fa, è un tipico discorso di evangelista,
il cui unico scopo e frutto, che vede, è portare anime alla salvezza. Ora,
sebbene l’evangelizzazione sia importante, abbiamo visto il NT parla di tanti
altri frutti. Nessuno di loro è da trascurare per la crescita
qualitativa e quantitativa dei credenti e delle chiese. Oltre a quanto già
detto, ecco alcune osservazioni ulteriori.
■ Cause ed
effetti: Il mio interlocutore non sta parlando della fede in sé, ma degli
effetti necessari della fede. Quando s’innesta un ramoscello di ulivo buono
sul tronco di un olivastro, esso porta immancabilmente buon frutto. Il
frutto è però l’effetto dell’innesto. La fede è la fiducia, che Dio dice
la verità, che manterrà la sua parola. Quando la vita di Cristo è innestata nel
credente, essa porta frutto, ma quest’ultimo è solo la conseguenza
necessaria della rigenerazione.
■ Frutti
variegati: Un proverbio recita: «Chi ha un martello in mano, vede tutto come
chiodi». Chi possiede un carisma particolare, pensa che quello sia in
assoluto il più necessario. Il tipo di frutti dipende dal genere di
carismi ricevuti e dal tipo di «funzione ministeriale», che il Signore ci ha
affidato. Come è importante evangelizzare e portare anime a Cristo, è
importante edificarle e istruirle, affinché non diventino preda
dei lupi rapaci.
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L’orchestra crea l’armonia: Non bisogna sopravvalutare il proprio strumento,
ma bisogna armonizzarlo con gli altri. «E lui ha dato gli uni come missionari
[fondatori = apostoli]; e altri, come proclamatori [= profeti]; e altri, come
araldi [= evangelisti]; e altri, come curatori d’anime [= pastori] e insegnanti
[= dottori], per l’equipaggiamento dei santi riguardo all’opera del servizio,
per la costruzione del corpo di Cristo, finché tutti arriviamo all’unità della
fede e della conoscenza del Figlio di Dio, alla piena virilità, alla misura
d’età della pienezza di Cristo...» (Ef 4,11-14). O bisogna ritenere che
fare gli evangelisti sia l’unico frutto valido nell’opera di Dio?
4. {Sefora Papagna}
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Contributo: Nicola, in Giovanni Gesù dice
spesso: chiedete al Padre nel nome mio e io ve lo darò; non chiedermi i
versi, però diverse volte lo dice. Ora quello che mi domandavo è, avendo fiducia
nella parola di Gesù, potremmo esercitare la nostra fede, applicando anche
alla lettera queste frasi? Ad esempio, io avendo fede che Gesù mi ha detto
la verità, ho voluto prenderle alla lettera e ho chiesto al Padre alcune cose,
che mi stavano a cuore, nel nome di Gesù, perché voglio credere che la mia
fede è potente e soprattutto che Dio può tutto. Ovviamente il tutto è
inserito anche in un cammino di vita, che vuole fare la sua volontà.
Grazie. {20-08-2011}
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Risposta 1 (Nicola Martella): Gesù ha detto
chiaramente la verità, ma non si è rivolto per forza a te o a me, dicendo
alcune parole. Quando si prendono dei versi dalla Bibbia, bisogna tener presente
alcune cose.
■ 1. A chi
sono indirizzate tali parole veramente? Bisogna osservare, se ciò vale in
una determinata circostanza per specifiche persone soltanto (p.es. 12 apostoli)
o se è una promessa generale per tutti.
■ 2. A che
cosa si riferisce veramente? Ad esempio, è scritto: «Chieda a Dio, che
dona a tutti liberalmente senza rinfacciare, e gli sarà donata; ma chieda con
fede». Questo brano non si riferisce a qualsiasi cosa, ma solo al
chiedere sapienza a Dio (Gcm 1,4ss).
■ 3. A
quali eventuali premesse sono legate tali parole? Ad esempio, è scritto: «…senza
star per nulla in dubbio» (Gcm 1,6) e senza essere un «uomo d’animo
doppio, instabile in tutte le sue vie» (v. 7).
■ 4. Gli
obiettivi sono conformi alla volontà di Dio? Ad esempio, è scritto: «Domandate
e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri» (Gcm
4,3).
Uno dei vizi di
alcuni cristiani è quello di prendere parole specifiche, dette da Gesù ai
suoi dodici discepoli in situazioni particolari, e di applicarle a sé stessi o
agli altri a prescindere. Ciò porterà, in genere, a molte frustrazioni e
delusioni.
■ Spesso tali
promesse circostanziate sono tolte dal contesto specifico e sono riempite
con altri significati, che fanno comodo. Ad esempio, per alimentare una fede
quasi sacramentale o magica, è facile citare Luca 17,6: «Se aveste fede
quant’è un granello di senape, potreste dire a questo moro: “Sradicati e
trapiantati nel mare”, e vi ubbidirebbe». Subito alcuni proiettano qui una
fede come una specie di potere trascendentale, che si possiede e che si
può usare come una sorta di «bacchetta magica». Si dimentica, però, il
contesto, in cui Gesù parlò; si trattata, in realtà, di riprensione fraterna
e di perdono del prossimo pentito anche sette volte al giorno! (vv. 2a). Allora
«gli apostoli dissero al Signore: “Aumentaci la fede”» (v. 5); quindi
Gesù rispose con tale sentenza.
■ La fede
non è in sé potente, ma solo Dio lo è. Tuttavia non è detto che Egli
voglia fare ciò, che gli chiedo io. Il Signore rispose a Paolo: «La mia
grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza»
(2 Cor 12,9).
■ La fede non
è una bacchetta magica, ma è la fiducia che Dio sta facendo la cosa giusta,
anche quando tace, mi dice di aver pazienza o mi dice di no. La fede biblica sa
dire: «Padre, se tu vuoi, allontana da me questo calice! Però, non la mia
volontà, ma la tua sia fatta» (Lc 22,42; cfr. Mt 6,10).
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Replica (Sefora Papagna): Grazie, certo
concordo. È ovvio che il tuo è un discorso generale, ma capisco quello che vuoi
dire. Io, dal canto mio, continuerei a chiedere, perché Lui è potente da operare
dei miracoli. Mettendo in conto che le sue risposte potrebbero anche
essere diverse dai miei desideri, potrebbero essere contrarie ai
miei desideri. Sapendo però, che qualsiasi cosa succeda, sia la sua volontà.
{20-08-2011}
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Risposta 2 (Nicola Martella): Dio risponde
alla nostra preghiera, secondo i casi, ad esempio, così: «sì», «no», «aspetta»,
«mettiti all’opera e poi vedrai…». A ciò si aggiunga che il Signore o ci libera
dal problema, o ci libera nel problema; o ci guarisce dalla malattia, o ci
guarisce nella malattia. E così via.
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► URL:
http://diakrisis.altervista.org/_Disc/T1-Fede_potere_EdF.htm
20-08-2011; Aggiornamento: