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La salute fra scienza, religioni e ideologie — Malattia e guarigione 1

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Guarigione e problematica

La medicina e la Bibbia

 

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  Ecco il procedimento usato per i singoli temi:

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Punto di vista biblico e valutazione della questione nel cristianesimo

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Inoltre ci sono anche queste parti:

Fatti, casi ed eventi nella paramedicina

■ Registro delle voci

Registro ragionato delle voci

 

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VECCHIA NATURA E BATTESIMO

 

 a cura di Nicola Martella

 

Maiali in acquaAlcuni credono che battezzandosi, non peccheranno più, perché pensano in tal modo di affogare il «vecchio uomo». Dimenticano però che la «vecchia natura», come ogni maiale, sa ben nuotare! La vecchia natura galleggia!

     Una volta un conduttore chiese al battezzando già in acqua: «Perché vuoi essere battezzato?». «Per non peccare più!», rispose l’altro candidamente. Al che il conduttore rispose: «Allora devo tenerti a lungo nell’acqua!».

     La sacra Scrittura insegna ai rigenerati a «svestire» il «vecchio uomo» o mortificare la carne, ossia a mettere fuori uso la vecchia natura nella pratica, e a «vestire» o vivificare il «nuovo uomo», ossia a metterlo in uso nella pratica. Paolo constatava: «Avete svestito l’uomo vecchio coi suoi atti e rivestito il nuovo, che si va rinnovando in conoscenza ad immagine di Colui, che l’ha creato» (Col 3,10; cfr. Ef 4,22ss «avete imparato a... »).

     La via sacramentalista, più o meno velata, secondo cui il battesimo comunicherebbe già di per sé la nuova natura e la rigenerazione, non è contemplata nella sacra Scrittura. Il battesimo è un’ubbidienza e una conferma della fede del rigenerato, non una via per ottenere il perdono o la vita eterna.

     Finché non si sarà pecore del gregge di Cristo, hai voglia a battezzare il «vecchio uomo»: esso galleggerà sempre!

     Se una pecora scivola accidentalmente nell’acqua, cerca di uscirne immediatamente fuori. Se un maiale viene lavato, strigliato e profumato, appena vedrà uno stagno, ci andrà immediatamente: è nella sua natura! Tale differenza fu mostrata dall’apostolo Giovanni, quando scrisse: «Colui che persiste nel peccare proviene dal diavolo... . [9] Chiunque è nato da Dio non persiste nel peccare, perché il seme divino rimane in lui, e non può persistere nel peccare perché è nato da Dio. [10] In questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chiunque non pratica la giustizia, non è da Dio; come pure chi non ama suo fratello» (1 Gv 3,8ss).

 

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

1. Andre Brando

2. Antonietta Pesce

3. Gabry Lorusso

4. Maurizio Ruffino

5. Pietro Calenzo

6. Edoardo Piacentini

7. Alaimo Calogero

8. Davide Forte

9.

10.

11.

12. Autori vari

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Andre Brando}

 

Contributo: La nuova nascita dovrebbe portarti a capire il vero significato del battesimo. Se uno pensa di non peccare più dopo il battesimo, allora secondo lui Gesù sarebbe venuto al mondo per nulla. Gesù, invece, è venuto al mondo per inchiodare in croce i nostri vecchi peccati e quelli futuri, perché è impossibile che un cristiano non pecchi. Di conseguenza, però, la nuova nascita conduce a una conversione, che porta il cristiano a cambiare naturalmente lo stile di vita. Paolo in Romani 7,11-15 è chiaro e dice che il peccato è intrinseco nell’uomo, e che non possiamo essere senza peccato, nemmeno dopo il battesimo; ma la nostra coscienza spirituale ci rende manifesta la nostra debolezza e mancanza, affinché non c’insuperbiamo. {22-01-2013}

 

Nicola Martella: Diciamo la stessa cosa, vero?

 

Andre Brando: Certamente. Chi crede di non peccare più, è colui che crede di poter fare a meno di Cristo. Ed ecco che è già condannato. {22-01-2013}

 

Nicola Martella: Di là dalla debolezza umana, il rigenerato deve odiare il peccato e spogliarsi delle vecchie abitudini peccaminose (santificazione) e, con l'aiuto di Dio, deve trasformare e rinnovare il proprio modo di pensare, adeguandolo al nuovo status di figlio di Dio (cfr. Rm 12,1s). Il nuovo innesto porta con sé un buon frutto.

 

Andre Brando: Giustissimo; ma per la perfezione dobbiamo attendere. {23-01-2013}

 

 

2. {Antonietta Pesce}

 

Condivido quanto hai scritto, Nicola. Essere battezzato è talmente un atto di fede, che solo il Signore può farci comprendere. Io posso semplicemente, dire che io e tutti noi abbiamo bisogno del continuo di Gesù Cristo, affinché, non cadiamo in tentazione. Fintantoché non ritorneremo nella gloria di Dio Padre, il nostro spirito sarà sempre in conflitto con la nostra natura carnale. {23-01-2013}

 

 

3. {Gabry Lorusso}

 

Contributo: Sono d’accordo. È un bel documento, a cui aggiungo che il battesimo è il primo atto, tramite cui si diventa e ci si dichiara ufficialmente figli di Dio. Ciò non significa che ci si liberi dell’uomo vecchio, ma si può avere maggiore possibilità di farlo, sempre con gli altri sacramenti, Comunione e Cresima. {23-01-2013}

 

Nicola Martella: Il battesimo non fa diventare «figli di Dio». Nella Bibbia chi era stato già rigenerato dallo Spirito, ubbidiva facendosi battezzare. Ad esempio, quando Pietro annunziò l’Evangelo a Cornelio e alle persone con lui, si legge: «Mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo cadde su tutti coloro, che udivano la Parola... Allora Pietro prese a dire: “Può alcuno vietare l’acqua, perché non siano battezzati, questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo, come noi stessi? E comandò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo» (At 20,44.47s). Così avvenne anche in altri episodi: solo coloro, che udirono la Parola, credettero in Gesù quale Messia e furono rigenerati dallo Spirito Santo, furono battezzati.

     Il sacramentalismo lascia le persone così come sono, essendo atti religiosi, basati su cerimonie inventate dagli uomini (cfr. cresima). Questo è specialmente evidente nel pedobattesimo, che coinvolge neonati, che non possono comprendere l’Evangelo e che, quindi, non sono in grado di decidere e di essere rigenerati.

 

 

4. {Maurizio Ruffino}

 

Contributo: È interessante, ma come si concilia con Romani 7,14-25? Paolo era sicuramente una pecora del gregge di Cristo, ma dice che nella sua carne continua a servire la legge del peccato. {23-01-2013}

 

Nicola Martella: Leggere Romani 7, senza Romani 8, è desolante e fa trarre false conclusioni. L’autore parlò del rapporto del credente con la legge mosaica e vide il rapporto fra le sue giuste richieste e la legge del peccato, che dimora nelle viscere (Rm 7,14.17.20). Ciò costituisce il dilemma fra la legge di Dio e un’altra legge, che vige nelle membra, quella del peccato, e che agisce autonomamente e automaticamente, appena abbasso la guardia. Ciò crea un paradosso fra le mie buone intenzioni e la realtà dei fatti, fra ciò che voglio e ciò che, mio malgrado, faccio (vv. 18s). La discrepanza vale altresì fra il mio compiacimento della legge di Dio, secondo l’uomo interiore, o legge della mia mente, e la legge del peccato, che è nelle mie membra, o corpo di morte (vv. 22s.24).

     L’uomo irredento non ha di tali problemi, vivendo solo secondo la legge del peccato, ma ce l’ha solo il credente rigenerato. Rendersi conto di tale guerra aperta fra mente e carne, fra spirito e viscere, è liberatorio già di per sé. Infatti, ci si rende conto che la dinamica di base è la seguente: «con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato» (v. 25). Ora, Paolo, non afferma che vada bene così, ma vede la soluzione in Dio, che può liberare da tale dinamica schizofrenica (v. 24s).

     Tale soluzione sta in Romani 8. Poiché non c’è più «condanna per quelli che sono in Cristo Gesù» (v. 1) e la legge del nuovo patto (legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù) mi ha liberato dalla legge del vecchio patto (legge del peccato e della morte; v. 2), ciò ci permette di camminare «non secondo la carne, ma secondo lo spirito» (v. 4), mirando a vita e pace (v. 6). Ciò è possibile a causa dello Spirito di Dio, che abita nei credenti (v. 9) e che rende presente Cristo in loro (v. 10); mediante lo Spirito è possibile mortificare (lasciare nella morte) gli atti del corpo (v. 13) e sperimentare la guida di Dio nella propria vita (v. 14).

     Quindi, sebbene siano presenti ambedue i «sistemi operativi» (spirito e peccato, mente e carne) nello stesso «computer» (l’uomo rigenerato), il credente può, mediante lo Spirito Santo, funzionare col sistema operativo dello «Spirito della vita», mortificando (mettendo fuori uso) il sistema operativo del peccato e della morte. Chiaramente al riguardo ci vuole impegno, allenamento, santificazione, eccetera (Rm 12,1). Ciò permette di sottrarsi agli schemi di questo secolo e di essere trasfigurati mediante il «rinnovamento della vostra mente», per conoscere e praticare la volontà di Dio (v. 2).

 

 

5. {Pietro Calenzo}

 

Amen. E non comprendo perché gli evangelici riformati continuano a battezzare bimbi, anche se comunque non c’è un pensiero «sacramentalista» come quello cattolico romano alla base. Evidentemente dopo secoli di oscurantismo teologico i grandi riformatori non seppero ascoltare pienamente la Parola di Dio. È anche vero, però, che questo «refuso» cattolicheggiante è giustamente rigettato nella gran parte del mondo evangelico. Perciò, sarebbe tempo che i fratelli riformati, immergessero solamente coloro, che essendo già stati rigenerati, ubbidiscano a un ordinamento del Signore; e sarebbe tempo che si allineassero all’intera dottrina del battesimo cristiano, inteso come testimonianza pubblica dell’opera, che lo Spirito di Dio ha già compiuto nelle loro vite. Benedizioni nel Signore Gesù Messia. {23-01-2013}

 

 

6. {Edoardo Piacentini}

 

Il cristianesimo del Nuovo Testamento non è una religione ritualistica, perché al centro di essa vi è il contatto diretto dell’uomo con Dio attraverso lo Spirito Santo. Vi sono però due cerimonie (e non sette, come insegna il Cattolicesimo), che Cristo ordinò alle chiese, perché fossero osservate, ossia il Battesimo e la Cena del Signore (Matteo 26,26-28; 28,19-20). Dio non conferisce la grazia attraverso tali cerimonie, come afferma la Chiesa Romana, ma benedice sicuramente i credenti, che adempiono questi atti, così come benedice l’obbedienza e l’adorazione in altre cose.

     Per il loro carattere sacro sono chiamati «sacramenti», che letteralmente significa «cose sacre» o «giuramento consacrato con un rito sacro», ma è più esatto definirli «ordinamenti» o «istituzioni», perché sono cerimonie «ordinate o comandate» dal Signore stesso. Il motivo per cui i sacramenti non conferiscono la grazia, è perché il dono della grazia avviene per mezzo e unicamente attraverso la fede, che è un atto interiore, e non mediante un rito, che è un atto esteriore, che dovrebbe rappresentare un’esperienza preesistente, ossia già ricevuta.

     Per quanto riguarda il battesimo cristiano, il Signor Gesù, prima di salire al cielo, ha affidato un grande mandato ai suoi discepoli: «Andate per tutto il mondo e predicate l’Evangelo a ogni creatura; chi avrà creduto a sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato» (Marco 16,15-16). Nel brano corrispondente in Matteo 28,18-20, è ricordato l’istituzione del battesimo, da amministrarsi a tutti quelli, che sono stati «ammaestrati» nella verità, quale ordinamento perpetuo nella chiesa cristiana; e sebbene Marco non dica, se non pochissimo, di questa istituzione, pure l’associa intimamente anch’esso col credere nel Vangelo. Leggendo la prima parte di questo versetto, si presenta subito la domanda: il battesimo è indispensabile alla salvezza? Uno che abbraccia di cuore la fede in Cristo, può raggiungere la vita eterna, se non è stato battezzato? Il versetto stesso contiene una risposta soddisfacente, poiché nella seconda parte, «la condanna» è presentata, in antitesi, quale risultato della sola incredulità, e non si fa menzione della mancanza del battesimo, omissione questa che il Signore non può fare, se tale è la tremenda conseguenza per la privazione di questo ordinamento.

     Il Signor Gesù Cristo ha dichiarato solennemente che tutto quanto è necessario alla salvezza, è di credere con tutto il cuore in Lui, come unico sacrificio espiatorio per il peccato, come «la giustizia di Dio» in luogo del peccatore, come «la risurrezione e la vita»; parimenti l’unica ragione dell’eterna perdizione del peccatore consiste nel rifiuto volontario e deliberato dell’offerta del Salvatore. «Ma voi non volete venire a me per avere la vita» (Giovanni 5,40).

     Pietro dichiara, in maniera inequivocabile, che il battesimo non è «il nettamento delle sozzure della carne ma la richiesta di una buona coscienza fatta a Dio» (1 Pietro 3,21). Il battesimo è, quindi, per il credente, allo stesso tempo, un impegno e una testimonianza, in quanto il battezzato testimonia di fronte agli uomini dell’impegno, che ha preso davanti a Dio di servirlo e di fare la sua volontà. Inoltre, poiché il battesimo è la risposta al dono della grazia divina, esso diventa per il credente neoconvertito una confessione di fede.

     Come si può credere che un po’ d’acqua su di un individuo gli si purifichi l’anima dal peccato? Il Signore diceva per bocca del profeta Geremia: «Quand’anche tu ti lavassi col nitro e usassi molto sapone, la tua iniquità lascerebbe una macchia dinanzi a me» (Geremia 2,22). No, né l’acqua del fonte battesimale, né qualsiasi altra acqua del mondo può togliere il peccato, ma ciò che l’acqua non può fare, può farlo Cristo col suo sangue prezioso. In 1 Giovanni 1,7.9, leggiamo: «Il sangue di Gesù, suo Figliuolo, ci purifica da ogni peccato... Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità».

     Può il battesimo farci cristiani, figli di Dio ed eredi del cielo? No, assolutamente. Può farlo solo l’opera dello Spirito Santo compiuta in noi, quando per fede riceviamo il Signore Gesù nei nostri cuori. In Giovanni 1,11-12 l’apostolo dice nel suo Evangelo: «È venuto in casa sua, e i suoi non l’hanno ricevuto; ma a tutti coloro che l’hanno ricevuto, egli ha dato il diritto di diventar figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome». I termini ricevere e credere sono qui usati come sinonimi, perché per credere s’intende non solo aderire passivamente a un complesso di dottrine, ma attivamente accettare e ricevere personalmente Cristo e il suo sacrificio. Nel libro dell’Apocalisse è descritta una bella e commovente immagine: Cristo sta alla porta d’ogni cuore e bussa per essere ricevuto come Signore e Maestro, come Principe e Salvatore: «Ecco, io sto alla porta e picchio; se uno ode la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli meco» (Apocalisse 3,20). Quando poi apriamo la porta, il Signor Gesù Cristo entra per dimorare nel nostro cuore. Anche nella prima epistola di Giovanni leggiamo: «Dio ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel suo Figlio. Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita lo v’ho scritto queste cose affinché sappiate che avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio» (1 Giovanni 5,11-13). Queste dichiarazioni sono perfettamente chiare e comprensibili; chi ha il Figlio, ricevuto nel suo cuore per la fede, ha la vita eterna. E chiara ugualmente è la condizione opposta: «Chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figliuolo di Dio» (Giovanni 3,18).

     Nessun rito battesimale, chiunque sia la persona che lo compie, può rigenerare un’anima e darle la vita eterna, ma solo la fede rende l’uomo un figlio di Dio e un erede del cielo. In conclusione, il battesimo non serve per perdonare i peccati, non dà la vita eterna, né rende l’anima erede del cielo. L’atto del battesimo segue quello della conversione e della realizzazione della salvezza. Sono il pentimento e la fede che salvano, non il battesimo, che è un simbolo. {23-01-2013}

 

 

7. {Alaimo Calogero}

 

Contributo: Allora non serve a niente farsi battezzare. {24-01-2013}

 

Nicola Martella: Serve, ma solo al rigenerato. È principalmente un atto di ubbidienza. Poi, esprime ciò, che si è già sperimentato con Cristo sul piano della fede. Infatti, l’acqua, in cui ci s’immerge rappresenta la tomba di Cristo, in cui si entra (morendo alla vecchia vita) e da cui poi si esce con Lui (per vivere una nuova vita). «Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20). Se non si è sperimentato la rigenerazione spirituale, neppure le cascate del Niagara potranno servire.

     Sposarsi è un atto formale e ufficiale, ma non crea di per sé amore e intesa; così è per il battesimo. Se, però, due persone si amano e hanno fra loro intesa, essi vogliono suggellare ciò con l’atto matrimoniale; altresì così è per il battesimo. L’atto matrimoniale e quello battesimale sono l’espressione esterna e l’impegno pubblico di ciò, che è già avvenuto interiormente. Quando le cose stanno così, ambedue diventano anche una testimonianza dinanzi agli altri. {24-01-2013}

 

 

8. {Davide Forte}

 

Contributo: Caro fratello Nicola, finché non impareremo a distinguere la nuova natura che in Cristo Gesù è stata rinnovata, risuscitando con Lui a nuova vita dopo il battesimo, da quella che ci portiamo a malincuore nella nostra carne, non potremo mai capire che chi è da Dio non pecca! E neanche può peccare!

     Dunque l’ubbidienza al battesimo ha già compiuto la cancellazione di tutti i vecchi peccati. Quindi, il credente è rinato a nuova vita solo nello spirito umano, in poche parole chi crede in Gesù è già risorto nello spirito, ora attende solo la resurrezione del corpo, che avverrà con il rapimento che saremo trasformati da corpo corruttibile a corpo incorruttibile. Quindi, caro fratello, fino ad allora, saremo sempre stretti da due volontà. La carne, con i vecchi sentimenti  sarà attratta dalle cose conosciute prima della nuova nascita; e lo spirito rigenerato, disapprovando i desideri del suo corpo, aspira a piacere a Dio. Che sofferenza, fratello Nicola, ci trasciniamo! Ci sarà un continuo combattimento, ecco perché la chiesa geme ed è in gran travaglio con il desiderio di essere rivestita d’incorruttibilità. Concludo, che chi è da Dio non pecca! Mi riferisco al suo spirito rigenerato e, se accade che la carne ci trascina a peccare, sappiamo a chi rivolgerci per essere lavati, perdonati e giustificati. {24-01-2013}

 

Bea Oleio, ps.: Bisognerebbe fare la differenza tra peccare e cadere in fallo: i battezzati conoscono e discernono il peccato e chi l’ha creato, gli resistono in quanto hanno Gesù nel cuore, quindi nessuno di noi pecca, sapendo di peccare. Invece, tutti noi siamo soggetti a cadere in fallo; gli errori si commettono, è la natura umana, ma per il sangue di Gesù siamo perdonati. {24-01-2013}

 

Nicola Martella: Trovo poco riflettuti e abbastanza problematici alcuni aspetti del contributo di Davide Forte per le seguenti ragioni. Non capisco come faccia un credente a risuscitare con Cristo a nuova vita «dopo il battesimo»; tale atto non ha un simile vigore. L’immersione in Cristo, che dona nuova vita, avviene con la rigenerazione, non col battesimo, che è solo una rappresentazione d’essa e un impegno pubblico. Non è «l’ubbidienza al battesimo», che compie «la cancellazione di tutti i vecchi peccati», ma il sangue di Cristo, la cui accettazione, prima del battesimo, dà la vita eterna.

     Inoltre, affermare che «chi è da Dio non pecca» e «neanche può peccare», oltre a essere irrealistico, sta in contraddizione con altri brani della Bibbia, secondo cui il credente può peccare (cfr. Rm 7s; 1 Gv 2,1). Ciò sta in contraddizione anche con ciò, che egli stesso afferma sulle «due volontà» (carne e spirito) e sul «continuo combattimento». Per mantenere la tesi, secondo cui «chi è da Dio non pecca», si attribuisce ciò allo «spirito rigenerato», come se sia possibile scindere la persona in compartimenti stagni. Giovanni non disse: «Se la carne di qualcuno lo ha fatto peccare», ma «se qualcuno ha peccato» (1 Gv 2,1). Se qualcuno afferma di essere senza peccato e di non aver peccato, inganna se stesso e rende Dio bugiardo (1 Gv 3,8.10); la via biblica è quella di ammettere di poter peccare e di confessare i nostri peccati, per ottenere perdono e purificazione (v. 9).

     Alla base di tale dottrina c’è purtroppo una cattiva traduzione di 1 Giovanni 5,18, che ha condizionato i credenti in tale singolare dottrina. Qui in greco c’è un presente continuo, che si fa bene a tradurre così: «chiunque è nato da Dio non persiste nel peccare» o «non vive nel peccato». Similmente vale per 1 Giovanni 3,9: «Chiunque è nato da Dio non persiste nel peccare, perché il seme divino rimane in lui, e non può persistere nel peccare, perché è nato da Dio».

     Ciò è diverso dalla tesi di alcuni credenti, secondo cui il rigenerato non possa mai più peccare. Infatti, una traduzione corretta getta luce anche su altri brani: «Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non persistiate nel peccare; e se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto» (1 Gv 2,1). Il credente non vuole vivere nel peccato ma, suo malgrado, può cadere nel peccato, da cui vuole presto uscire, come fa una pecora caduta accidentalmente nello stagno. Se uno si chiama «fratello», ma vive nel peccato, egli è come un maiale, a cui piace il fango per la sua natura; da siffatti «credenti» non-rigenerati bisogna prendere le distanze (1 Cor 5,11ss).

 

Penso di aver risposto indirettamente anche a Bea Oleio (ps.). Aggiungo che anche i credenti, per debolezza o negligenza, a volte peccano, pur sapendo di peccare. La concupiscenza può adescare e sedurre, se ci si espone a essa e si fa posto al diavolo. Per questo si necessità di fuggire dalla concupiscenza e di santificarsi. Vero è che esiste una differenza fra vivere nel peccato e cadere in trasgressione.

 

 

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12. {Autori vari}

 

Claudia Biscotti: Senza sapere di questo articolo, ma di pari consentimento, ne abbiamo parlato stamattina io e i miei figli; e stasera abbiamo approfondito, leggendo questo. L’Eterno Dio è meraviglioso! {23-01-2013}

 

► URL: http://diakrisis.altervista.org/_Rel/T1-Vecchia_natura_batt_MeG.htm

22-01-2013; Aggiornamento:

 

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