1. Entriamo in
tema
Ognuno ha
le sue fragilità. Alcune sono continue, altre circostanziate e altre
periodiche. Nella mitologia greca c’era il prode Achille, che aveva la sua
vulnerabilità nel suo tallone. Alcune fragilità sono evidenti, come chi è
balbuziente o zoppica; altre sono ben celate e riguardano un aspetto
particolare, come chi ha un tic o una mania o come è ferito nel proprio onore e
nell’ombra trama vendetta.
2. Il vasto
spettro delle fragilità
Abbiamo visto
che alcuni l’hanno fragilità manifeste, loro malgrado, e ne soffrono,
sviluppando spesso dei complessi di inferiorità; ognuno di loro si sente fragile
come un vaso d’argilla fra vasi di ferro.
Altri
ostentano le loro fragilità, come fossero delle armi, per impietosire il
prossimo, per avere un alibi nella vita o una rivincita verso tutti i «normali».
Nella mia gioventù ho fatto assistenza ad handicappati e fra di loro c’erano
alcuni, che avevano sviluppato proprio tale atteggiamento del «tutto mi è
dovuto, poiché la vita mi ha svantaggiato e tu mi devi fare questo o quello,
essendo il mio diritto».
Altri ancora
sanno ben nascondere le loro fragilità, apparendo di fuori
imperturbabili, impenetrabili e ferrei. Quando, poi, un giorno, crollano,
mostrano di essere come una bella mela di fuori, ma col verme dentro.
Poi, ci sono
quelli, che hanno una doppia vita: una pubblica, in cui appaiono modelli
di morale, e una privata, in cui le loro fragilità vengono alla luce con
veemenza. E in alcuni esse diventano vizio e stravizio, a cui essi danno sfogo
lontani dai riflettori; allora dottor Jekyll e mister Hyde conducono una
singolare convivenza. Anche i cosiddetti «mostri» appaiono di fuori come
cittadini irreprensibili, mentre in privato o di nascosto si trasformano in
altro.
Poi, di là da
ciò, ci sono persone, che si studiano di essere irreprensibili e impeccabili,
ma sofferenti combattono in privato con le loro fragilità, come fossero giganti
o fantasmi. Fanno propositi a se stessi, si studiano di mantenerli e, poi,
quando meno se l’aspettano, le loro fragilità fanno loro nuovamente lo sgambetto
e li fanno cadere nuovamente a gambe all’aria. Si rimane meravigliati, quando
poi succede che una persona del genere cade in depressione o tenta il
suicidio; allora, per tutti è come un fulmine a ciel sereno, anche per chi
le sta vicino. Una tale persona ha saputo bel celare le sue fragilità, anche ai
propri cari, finché in tale immane lotta, invece di chiedere aiuto e confidarsi
a tempo, cade nel gorgo della disperazione e ciò, che è fragile e delicato, si
frantuma sotto la furia degli elefanti dell’angoscia.
3. Aspetti
conclusivi
Le proprie
fragilità possono essere una trappola e condurre nel labirinto o nel
gorgo. Oppure esse possono diventare una chance per Dio, se siamo
disposti a farci cambiarci e gli permettiamo di mostrarsi potente nelle nostre
debolezze. Certe fragilità si possono superare con la grazia di Dio e la
santificazione. Altre rimangono, perché sono strutturali o perché non ci
insuperbiamo. Non sempre Dio ci toglie le nostre fragilità, ma ci dà la capacità
di gestirle e di rimanere vittoriosi su di esse e in esse.
Chiaramente
chi sa che le proprie fragilità sono facilmente infiammabili, si tenga ben
lontano dal fuoco! Chi ha la pelle troppo sensibile, non si esponga al
solleone! Chi ha intolleranze e allergie verso certe sostanze, per lui patogene,
se ne tenga alla larga! Non indugiare, quando il serpente già ti punta, ma
fuggi! Con un orso non ci puoi discutere, così neppure con le tue fragilità:
dattele a gambe!
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
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1. {Nicola Martella}
▲
Per
l’approfondimento biblico (Il senso di questa lista di versi è di stimolare
la riflessione dei lettori, per aiutarli formulare contributi confacenti al
tema):
■ «Io
conosco le tue opere. Ecco, ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno
può chiudere, perché, pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e
non hai rinnegato il mio nome» (Ap 3,8).
■ «Ciò
che faccio, io non lo capisco: infatti non faccio quello che voglio, ma faccio
quello che odio...il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio,
quello faccio...vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro
la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato,
che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?
Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore» (Rm
7,15.19.23ss).
■ «E
perché io non avessi a insuperbire per l’eccellenza delle rivelazioni, mi è
stata messa una spina nella carne...Tre volte ho pregato il Signore perché
l’allontanasse da me; ed egli mi ha detto: “La mia grazia ti basta,
perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza”» (2 Cor
12,7ss; cfr. 1 Cor 1,26ss).
■ «Io parlo
alla maniera degli uomini, per la debolezza della vostra carne; poiché,
come già prestaste le vostre membra a servizio della impurità e della iniquità
per commettere l’iniquità, così prestate ora le vostre membra a servizio della
giustizia per la vostra santificazione» (Rm 6,19).
■ «Vegliate
e pregate, affinché non cadiate in tentazione; lo spirito è pronto, ma la
carne è debole» (Mt 26,41).
■ «Allo
stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza,
perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede egli
stesso per noi con sospiri ineffabili» (Rm 8,26).
■ «Quanto a
colui che è debole nella fede, accoglietelo, ma non per discutere
opinioni» (Rm 14,1; cfr. 1 Cor 8,11s). «Or
noi, che siamo forti, dobbiamo sopportare le debolezze dei deboli e non
compiacere a noi stessi» (Rm
15,1). «Coi deboli mi sono fatto debole, per guadagnare i
deboli» (2 Cor 9,22; cfr. 11,29s). «Vi esortiamo, fratelli, ad ammonire i
disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli, a essere
longanimi verso tutti» (1 Ts 5,14)
■ «Voi
[pastori] non avete fortificato le pecore deboli, non avete guarito la
malata, non avete fasciato quella che era ferita, non avete ricondotto la
smarrita, non avete cercato la perduta, ma avete dominato su loro con violenza e
con asprezza» (Ez 34,4).
2. {Stefano Frascaro}
▲
■
Contributo:
Caro fratello, per me hai dimenticato una categoria: quella di coloro,
che scoprono, in un attimo, di essere fragili.
Quante volte si è pensato di essere indispensabili
per risolvere un determinato problema, quante volte si è pensato che, senza il
proprio intervento, non si sarebbe ottenuto l’obiettivo prefissato. E purtroppo
quante volte, davanti al nostro fallimento diciamo: «Adesso dobbiamo solo
sperare in Dio!».
Speriamo in Dio, solo dopo che tutti nostri
tentativi e le manifeste debolezze sono venute a galla. Anziché dire: «Signore
dammi tu la forza e la saggezza», prima di adoperarci in qualche
battaglia, alla fine, solo alla fine diciamo: «Adesso ci dobbiamo
affidare a Dio». Quanta debolezza spirituale c’è in tutto questo, vero?
È vero, siamo fragili, ma non accettiamo e ammettiamo
le nostre debolezze. Cerchiamo sempre una motivazione e, alla fine, ci
affidiamo a Dio, anziché cercare prima il suo aiuto e la sua volontà!
Grazie caro fratello
per queste esortazioni, che ci aiutano e ci fortificano, poiché ci mettono
davanti alle nostre debolezze. {11-05-2013}
▬
Nicola Martella: Più che scoprirsi «fragili», direi che ci si scopre, improvvisamente, inadeguati
e limitati, sì vulnerabili, come quel Sansone oramai domato, che
prima credeva di spaccare il mondo; come quell’esperto temerario, i cui consigli
hanno portato al fallimento. Achitofel, un uomo dalla saggezza
riconosciuta da tutti, quando il suo consiglio fu rifiutato dal re, si andò a
uccidere, vendendo in ciò un affronto al suo onore. «Achitofel, vedendo che
il suo consiglio non era stato seguito, sellò il suo asino, e partì per
andarsene a casa sua nella sua città. Mise in ordine le cose della sua casa, e
s’impiccò» (2 Sm 17,23).
La causa di quanto detto dal lettore non è per
nulla la propria fragilità. Infatti, chi ne è consapevole, è sempre prudente
rispetto alle proprie possibilità e cauto rispetto a situazioni e persone, che
sono sempre nuove e con una propria dinamica e proprie incognite. La causa vera
di ciò, si chiama temerarietà o arroganza mista a narcisismo, che
fa considerare se stessi al di sopra delle proprie possibilità effettive e fa
sentire insostituibili, «onnipotenti» e invincibili.
Chi si sente fragile, confida in Dio fin
dall’inizio e gli chiede la forza, la saggezza e il discernimento. Poi
agisce con circospezione e cautela. Chi si sente sufficiente, chiede a Dio
tutt’al più di benedire ciò, che fa egli stesso. In una tale persona
nasce la «sindrome di Achitofel», di cui si riteneva che un suo consiglio
fosse come se lo desse Dio stesso (2 Sm 16,23); eppure, mettendosi egli contro
Davide, l’Eterno lo dissipò (2 Sm 17,14).
Chi non accetta
e ammette le sue debolezze, non e realista; egli è tutt’al più arrogante,
non fragile. Chi è fragile, conosce le proprie debolezze e ne tiene conto
in tutto ciò, che fa; egli è cauto, sapendo che la risposta adatta e le
decisioni giuste provengono dall’Eterno (cfr. Pr 16,1.33). Sono i «bulldozer»
e i «carri armati», che partono in quarta, pensando di essere sempre
invincibili, inossidabili e irreprensibili. Poi, sarà un incidente di
percorso, magari banale, che per la loro temerarietà acquisita, li metterà
fuori uso...spesso per sempre.
3. {Pietro Calenzo}
▲
Quel che amo nella
Scrittura, è che il migliore analista del mondo. La Parola di Dio ci
scava dentro, come una lama a due tagli, è nulla può essere nascosto a Dio.
Certi che tutto coopera al bene, secondo la sua volontà per chi ama il Signore e
la sua Parola, sono persuaso che gli esempi di molti campioni della fede,
possano essere sempre attuali per noi tutti.
Si può essere fragili in qualche
aspetto del nostro esser cristiani. Capita eccome: capita! E non solamente
nei rapporti con i fratelli o con il prossimo, ma in primo luogo con noi stessi,
a volte capita che siamo addirittura più duri con noi stessi che con il nostro
prossimo. Leggere la Parola di Dio, ci fa rispecchiare in noi stessi e
conoscere il vero volto del nostro rapporto di vita con il Signore e con i
fratelli. Alcune volte, la Scrittura ci sprona, ci esorta, c’incoraggia ad
andare oltre, altre volte salutarmente ci ridimensiona, ci corregge.
In ciò non dobbiamo mai dimenticare che Colui, che ci parla nella Scrittura, ha
un cuore paterno; e, malgrado ciò che siamo o non siamo, possiamo esser
certi, che se anche nostra madre ci rinnegasse, Dio non lo farà mai, poiché Egli
è il nostro Papà celeste e ci guarda attraverso gli occhiali di Gesù,
nostro Avvocato e Redentore. Dio ti benedica, Nicola, grazie della Parola.
{12-05-2013}
4. {Roberta Zocca}
▲
■
Contributo: Ho letto lo scritto
«Fragilità quale laccio o chance» e mi pongo questa domanda: Come facciamo che
un nostro punto debole possa diventare una chance per Dio? Ci vuole senza
dubbio una predisposizione al nostro cambiamento, ma come possiamo permettergli
di mostrarsi potente nelle nostre debolezze? Chiedo delucidazioni in
merito grazie. Resto in attesa di vostre risposte. {13-05-2013}
▬
Nicola Martella: Consiglio di leggere prima
non solo il breve sunto sui social network, ma l’intero scritto sul sito,
compresi i contributi altrui. Lì ci sono già alcune soluzioni. Poi se ne
possono aggiungere altre. Tu, Roberta Zocca, cosa ne pensi?
■
Roberta Zocca: Non ci ho capito niente o mi
date spiegazioni o rimango della mia idea: cioè se ci lasciamo plasmare da
Dio, cerchiamo di seguire i suoi precetti e comandamenti, Lui entra nella
nostra vita, dandoci una mano concreta. Noi, per seguire Dio e Gesù abbiamo il
libro più importante, cioè la Bibbia; poi, un altro autorevole libro è il
catechismo della chiesa cattolica. {13-05-2013}
▬
Nicola Martella: Il primo passo non è seguire precetti e comandamenti; anche il fariseo
Nicodemo conosceva la sacra Scrittura e seguiva il suo «catechismo». Tuttavia,
Gesù disse proprio a un tale rabbino (o teologo): «In
verità, in verità io ti dico che se uno non è nato dall’Alto, non può
vedere il regno di Dio» (Gv 3,3). Ciò
significa essere «nato dallo Spirito» (vv. 5s), che produce nell’uomo una
rigenerazione, nel momento in cui egli si ravvede, si converte a Dio ed accetta
Gesù come suo personale Salvatore.
Una volta entrati nel corpo
di Cristo mediante tale rigenerazione spirituale (1 Cor 12,12s), si ha Dio come
Padre celeste. Infatti è scritto: «A tutti quelli, che l’hanno ricevuto [=
Cristo], egli ha dato l’autorità di diventare figli di Dio; a quelli,
cioè, che credono nel suo nome; i quali non son nati da sangue, né da volontà di
carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio» (Gv 1,12s). A quel
punto, è Dio quale Padre a prendersi cura dei rigenerati, che credono in Cristo
(cfr. Mt 6,26.32).
Il Padre celeste conosce
le nostre debolezze o fragilità. Infatti, è scritto: «Dio ha scelto le
cose pazze del mondo per svergognare i saggi; e Dio ha scelto le cose deboli
del mondo per svergognare le forti; e Dio ha scelto le cose ignobili del mondo,
e le cose disprezzate» (1 Cor 1,27s). E ancora: «Noi
siamo deboli in lui [= Cristo], ma vivremo con lui per la potenza di Dio»
(2 Cor 13,4).
Chi è stato rigenerato
dallo Spirito Santo, può contare con l’aiuto, che Egli può dare: «Lo
Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza»
(Rm 8,26). Dio aiuta i credenti rigenerati a superare le proprie debolezze o
fragilità mediante questi elementi: ▪ 1.
la sua grazia (2 Cor 12,9); ▪ 2. la nostra santificazione (Rm 6,19); ▪ 3.
la disciplina di Dio (Eb 12,4ss); ▪ 4. la fortificazione da parte del Dio d’ogni
grazia (1 Pt 5,10); ▪ 5. uscire dagli schemi del mondo e farsi trasformare nella
mente dal Signore, per compiere la sua volontà (Rm 12,1s); e così via.
Per coloro, che sono fragili o deboli, la parola
chiave è «diventare saldi»: saldi nella grazia di Dio (Rm 5,2; 1 Pt
5,12), saldi nell’Evangelo (1 Cor 15,1), saldi nell’opera del Signore (1 Cor
15,58), saldi nella fede in Cristo (2 Cor 1,24; Col 1,23) senza assoggettarsi a
precetti religiosi umani (Gal 5,1), saldi nel Signore
(1 Ts 3,8), che rende saldi e guarda dal maligno (2 Ts 3,3), saldi
contro le insidie del diavolo, rivestendo la completa
armatura di Dio (Ef 6,11ss.14ss), saldi negli
insegnamenti biblici (2 Ts 2,15), nelle sofferenze
saldi in Colui che fortifica (1 Pt 5,10).
5. {Andrea Angeloni}
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Questo è un tema,
che è molto legato alla mia persona. Infatti ho sempre convissuto, in maniera
evidente e spesso invasiva, con lo spettro di una chiara fragilità interiore,
delle debolezze così manifeste. Esse, in particolari momenti della vita (intorno
ai 20 anni), mi portarono ad auto-escludermi volontariamente dalla
società. Il disagio era così tanto forte, da spingermi nel ricercare un
improbabile equilibrio tra le mura domestiche della mia casa, unico posto,
che pensavo potesse salvaguardarmi dal «mondo di fuori»; in realtà ero fuori
pista...
Adesso quel
lungo pit-stop forzato è passato; e, nonostante qualche effetto
collaterale che mi porto dietro come cicatrice indelebile, le cose,
grazie a Dio, vanno molto meglio, ma non sono certamente sparite in me tutte le
debolezze, alcune sì, altre hanno solo cambiato prospettiva.
I disagi
di una volta esistevano, perché volevo essere accettato dal mondo, come
individuo autonomo e in linea con gli standard della società; adesso la priorità
è compiacere a Dio e, come ogni credente, cammino (lottando) in questa
direzione.
Ma quanto è
difficile risultare irreprensibile agli occhi del Signore? Tanto...
perché «la parola di Dio infatti è vivente ed efficace, più affilata di
qualunque spada a due tagli e penetra fino alla divisione dell’anima e
dello spirito, delle giunture e delle midolla, ed è in grado di giudicare i
pensieri e le intenzioni del cuore» (Ebr 4,12).
Il Signore
conosce le nostre fragilità, se possibile, perfino più di quanto noi stessi
possiamo comprendere. La debolezza è nella natura umana certo. Lo stesso peccato
primordiale è il risultato della prima forma di fragilità; e purtroppo questa
macchia persiste nell’uomo di oggi, e per quello futuro sarà la stessa cosa.
Nonostante questo, il Signore c’indica una via per migliorare noi stessi, nella
santificazione continua. «Anche voi per questa stessa ragione, usando
ogni diligenza, aggiungete alla vostra fede la virtù, alla virtù la
conoscenza, alla conoscenza l’auto-controllo, all’auto-controllo la
perseveranza, alla perseveranza la pietà, alla pietà l’affetto fraterno e
all’affetto fraterno l’amore» (2 Pt 1,5-7). Nell’autocontrollo e in seguito
nella perseveranza il Signore ci mostra la strada da seguire; ora sta a
noi (soprattutto a me) intraprenderla!
Che il Signore
ci dia la forza e ci guidi nella santificazione. {13-05-2013}
6. {Paolo Irollo}
▲
Caro Nicola, questo
è un tema, su cui da diverso tempo la Parola mi sensibilizza, e ciò non è
automatico, visto la distorsione che il peccato ha prodotto nell’uomo (ricordo
uno slogan di un famosa pubblicità: «per l’uomo che non deve chiedere mai»).
Mi ha sempre
colpito la richiesta del re Davide, contenuta nel Salmo 39,4: «O Eterno,
fammi conoscere la mia fine e qual è la misura dei miei giorni. Fa’ che io
sappia quanto sono fragile». Anche per conoscere la nostra effettiva
fragilità (non la finzione celata dietro alle frasi: «non siamo nessuno», «siamo
di carne»; ma poi guai a chi ci tocca), c’è bisogno di un cuore, che si prostri
davanti a Dio, per ricevere una profonda rivelazione.
«Purtroppo»
per noi (ma grazie a Lui), la strada che il Signore percorre, per farci del
bene, facendoci sperimentare la sua potenza in noi, è descritta Salmo 39,11-12:
«Tu correggi l’uomo, castigando il suo peccato e consumi come
un tarlo ciò, che gli è prezioso». Cosa è più prezioso? Spesso è la
propria personalità (o carattere), che ci trasciniamo e vogliamo tenere ben
stretti, magari mescolandola con un apparente spiritualità. Ed ecco quindi che
il Signore «corregge colui che Egli ama, e flagella ogni figlio
che Egli gradisce» (Ebrei 12,6). Egli prepara esperienze e circostanze,
affinché noi realizziamo questo profondo paradosso: «La mia potenza si
dimostra perfetta nella debolezza» (2 Cor 12,9). {22-05-2013}
7. {}
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8. {}
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9. {}
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10. {}
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11. {Vari
e medi}
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Lucia Mesturini: Di ferite ne ho
ricevute tante, ma con pazienza e cura di me stessa ne vengo fuori, con l’aiuto
di Gesù. Purtroppo c’è chi non lo fa... pazienza. Di recente ho avuto
addirittura una proposta indecente: sono inorridita; comunque non le
considero neanche, evito insomma...sempre con pazienza, la pazienza che ci da
Gesù. {11-05-2013}
12. {Vari
e brevi}
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URL: http://diakrisis.altervista.org/_Prob/T1-Fragilita_laccio_S&A.htm
11-05-2013; Aggiornamento: 22-05-2013 |