Quando
ho visto tale scalinata, che non porta da nessuna parte, se non al punto di
partenza, ho dovuto pensare a una «impressionante nullità»! Mi sono
venuti a mente i disegni surrealistici di Maurits Cornelis Escher,
l’incisore e grafico olandese, che fece tante costruzioni impossibili e in cui
le
scale ebbero una certa rilevanza. Essa ricorda anche il
nastro di August Ferdinand
Möbius, senza
inizio né fine. Sinceramente a me ricorda pure la ruota dei criceti,
messa nella gabbia, per tenerli in movimento; essi si muovono, ma non arrivano
da nessuna parte.
La scala di
questa immagine, è la più fotografata a Monaco di Baviera. Essa è stata
progettato da Olafur Eliasson (2004). Questa scala senza fine si trova presso la
Schwanthalerhöhe, dinanzi alla sede tedesca della KPMG, una
società di servizi professionali. A piedi si trova a cinque minuti di
distanza dalla Theresienwiese, dove si festeggia la Oktoberfest. Porta il titolo
in tedesco «Umschreibung», ossia «perifrasi, circonlocuzione, giro di parole».
È stata
definita scala senza fine, scala che porta al nulla, scala senza senso.
Salgo le scale e scendo le scale, e sono al punto daccapo. Forse a ciò si deve
il titolo: è la descrizione perifrastica della vita, almeno di quella di
molta gente.
Sembra l’eco della descrizione della vita fatta dall’Ecclesiaste nell’AT.
Ecco come comincia il suo libro: «Nullità delle nullità, dice l’Ecclesiaste,
nullità delle nullità, tutto è nullità. [3] Che profitto ha l’uomo
di tutta la fatica che sostiene sotto il sole? [4] Una generazione se ne
va, un’altra viene, e la terra sussiste per sempre. [5] Anche il sole
sorge, poi tramonta, e si affretta verso il luogo da cui sorgerà di nuovo. [6]
Il vento soffia verso il mezzogiorno, poi gira verso settentrione; va
girando, girando continuamente, per ricominciare gli stessi giri. [7] Tutti i
fiumi corrono al mare, eppure il mare non si riempie; al luogo dove i fiumi
si dirigono, continuano a dirigersi sempre» (Ec
1,2-7).
Eppure proprio lui dice al giovane, dedito ai
divertimenti e a realizzare i suoi sogni: «... sappi che, per tutte queste cose,
Dio ti chiamerà in giudizio!... la giovinezza e l’aurora sono vanità. Ma
ricordati del tuo Creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che
vengano i cattivi giorni e giungano gli anni dei quali dirai: “Io non ci ho più
alcun piacere” [... ] prima che la polvere torni alla terra com’era prima, e
lo spirito torni a Dio che l’ha dato. Nullità delle nullità, dice
l’Ecclesiaste, tutto è nullità» (Ec
12,1ss.9s).
Come uscire da tale «ruota per criceti»? Ecco
come termina l’Ecclesiaste: «Ascoltiamo dunque la conclusione di tutto
il discorso: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo è tutto
l’uomo. Poiché Dio farà venire in giudizio ogni opera, tutto ciò, che
è occulto, sia bene, sia male» (Ec 12,15s). «Questo
è tutto l’uomo» (così in ebraico), ossia ciò che rende l’uomo veramente
tale; chi si sottomette a Dio, entra nel suo patto di grazia, ubbidisce ai suoi
comandamenti e confida nelle promesse di Dio, realizza il piano di Dio per
l’uomo, quando lo creò a sua immagine e somiglianza e gli diede la sua
benedizione (Gn 1,26ss). Inoltre, ogni opera dovrò sostenere il giudizio di
Dio: la condanna per gli empi e il premio per i suoi fedeli.
A ciò si aggiunga la rivelazione più eccellente (Eb 1,1s) e la «migliore
speranza» (Eb 7,19), introdotte da Gesù quale Figlio di Dio. Ecco lo
spartiacque: «Chi crede nel Figlio ha vita eterna,
chi invece rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio
rimane su di lui» (Gv 3,36). Egli ha
introdotto una «felice speranza», connessa alla «apparizione della
gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù» (Tt 2,13). Perciò,
cristiani, che non credono alla risurrezione e alla vita futura, sono un
paradosso. «Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi
siamo i più miserabili di tutti gli uomini» (1 Cor
15,19).
Il Signore Gesù Cristo ha portato la
liberazione dalla «ruota per criceti», dalla nullità della vita, a cui la
creazione è stata sottoposta (Rm 8,20s). Egli sottrae già fin da ora dal
comportamento dei «pagani nella nullità dei loro pensieri, con
l’intelligenza ottenebrata, estranei alla vita di Dio, a motivo dell’ignoranza
che è in loro, a motivo dell’indurimento del loro cuore» (Ef 4,17s). Egli
libera dalla «filosofia» e dalla «nullità ingannatrice»,
proveniente la tradizione degli uomini e gli elementi
dominati del mondo (Col 2,8). Egli libera anche dai falsi profeti e
visionari, che si affidano a manifestazioni di angeli, alle proprie visioni e
alla propria mente carnale gonfiata di nullità
(Col 2,18).
Perché rimanere ancora nella «ruota per criceti»
di questo mondo o continuare a salire e scendere su una scala, che non porta a
nulla?
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
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1. {Edoardo Piacentini}
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All’inizio del suo
ministero Gesù si reca a Nazareth, nel suo paesello, disprezzato e poco
popoloso, presso cui aveva trascorso la sua fanciullezza. Com’era sua abitudine,
nel giorno del sabato, si reca nella sinagoga per rendere il culto al Signore.
Là viene invitato dal rettore della sinagoga a leggere nel rotolo di pergamena
in cui si trovavano scritte le parole del capitolo 61 di Isaia: «Lo Spirito
del Signore è sopra di me; per questo egli mi ha unto per evangelizzare i
poveri; mi ha mandato a bandire liberazione à prigionieri, e ai ciechi
ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi, e a predicare l’anno
accettevole del Signore» (Luca 4,18-19). Queste affermazioni non si
riferiscono a Isaia, ma a Gesù. Infatti, egli stesso dice: «Oggi, s’è
adempiuta questa scrittura, e voi l’udite» (Luca 4,21). È finito il
tempo dell’attesa e comincia il tempo della liberazione. Gesù Cristo ha
davanti a sé un programma essenzialmente pratico, programma identico a ciò, che
fu annunziato a Giovanni Battista: «Andate e riferite a Giovanni ciò che
avete visto e udito: i ciechi recuperano la vista, gli zoppi camminano, i
lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risuscitano, e l’evangelo è
annunziato ai poveri» (Luca 7,22).
Gesù prima di
tutto si annuncia come liberatore dei poveri. In tutti i sistemi
filosofici del suo tempo non si tenevano in conto i poveri. Le masse illetterate
restavano emarginate ed escluse da qualsiasi beneficio: «Ma questa plebe, che
non conosce la legge, è maledetta!» (Giovanni 7,49), così dissero i farisei
alle guardie. E oltre ciò, questa plebe era continuo oggetto di disprezzo e di
sfruttamento. I poveri esistono ancora oggi. Ci sono poveri, perché non hanno
lavoro, non hanno la salute o perché sono vecchi, oppure perché tutto il frutto
del lavoro confluisce in altre mani. Nel mondo, in cui viviamo, c’è gente che
non sa impiegare i suoi capitali, e c’è gente che trascorre giornate nere,
perché si sente privato dell’indispensabile.
Di fronte alla
forza egoistica, che vuole tutto per sé, che vuole superare gli altri, contro
ogni forma di arrivismo, Gesù presenta la beatitudine dell’altruismo: «Più
felice cosa è il dare che il ricevere» (Atti 20,35). Fin dalle più antiche
pagine, la Bibbia presenta la legge della solidarietà: «Non vi sarà
alcun bisognoso tra voi... Non chiuderai la mano davanti al tuo fratello
bisognoso... Dagli liberalmente; e quando gli darai, non te ne dolga il cuore;
perché, a motivo di questo, l’Eterno, l’Iddio tuo, ti benedirà in ogni opera tua»
(Deuteronomio 15,4, 7, 10).
Gesù sfama le
moltitudini, che avevano fame, e resta l’ideale di ogni pacifica rivoluzione,
che tende a togliere la miseria dalla terra. Gesù resta l’ideale delle
rivoluzioni giuste, affinché i popoli della terra non manchino del necessario.
Oltre ciò,
Gesù si presenta come liberatore di tutto ciò, che opprime. L’immagine
dei prigionieri, dei ciechi, degli oppressi rappresenta l’aspetto dell’umanità
sofferente. Per questo il Figlio di Dio ripete ancora oggi l’invito a tutti i
popoli. «Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, e io vi
darò riposo» (Matteo 11,28). È la Parola che dona soccorso, conforto,
speranza, pace nelle varie difficoltà della vita. E sono molte le anime, che
sotto il peso della disperazione, sotto l’angoscia della sofferenza, hanno
trovato la liberazione in Cristo.
Perciò la
comparsa di Gesù nella storia è in un certo modo paragonata all’anno
giubilare, di cui si parla nel Levitico (25,9-17). In quell’anno, i debiti
venivano rimessi, i carcerati messi in libertà, gli schiavi sciolti, le terre
che erano state occupate, venivano restituite ai loro possessori di origine.
L’anno giubilare che si celebrava ogni 50 anni, era un tempo particolarmente
desiderato e accolto con gioia da tutto il popolo, specialmente da quelli che si
trovavano nella distretta. Era un tempo di liberazione e di grazia, che veniva
annunziato col suono della tromba (detta «iubal», da cui la parola «giubileo»).
Gesù viene a predicare l’anno accettevole del Signore», che si compie
nella sua persona e nel messaggio dell’Evangelo. È un anno, che non ha più fine,
perché essendoci la perennità della disubbidienza umana, occorre che l’Evangelo
sia altrettanto perenne. Noi crediamo che non vi sia migliore norma liberatoria,
che possa competere con l’Evangelo: se l’Evangelo ci farà liberi, noi
saremo veramente liberi, perché la liberazione, che ci dà Gesù, è liberazione
completa, interessa lo spirito, l’anima e il corpo. Questo Evangelo trova
ovunque opposizioni e contrasti. Gesù stava per essere preso dai suoi
compaesani e gettato da una rupe. Questa è una similitudine delle difficoltà,
dei pericoli, dei contrasti, che affronteranno quanti si dedicano al servizio di
esso. Però c’è una parola di Cristo molto incoraggiante: «Nel mondo avrete
tribolazione; ma fatevi animo, io ho vinto il mondo» (Giovanni
16,33). Questa promessa c’incoraggia e ci fa proseguire nella prospettiva della
grande liberazione di tutti i popoli della terra. Solo se accetteranno la
liberazione del Signore, essi saranno veramente liberi, e usciranno dalla
nullità, come dice il caro Nicola. {02-02-2013}
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12. {Autori vari}
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Fortuna Fico:
Grazie, Signore, perché per pura grazia tua, mi hai tirato giù dalla «ruota per criceti»! {01-02-2013}
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Maria Aloia: Signore, aiuta la tua creatura a uscire fuori dalla
gabbia, che si trova. Te lo chiedo nel nome di Gesù. {01-02-2013}
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Pietro Calenzo: Signore, ti ringraziamo per
la tua eterna e sovrana grazia, e per averci donata la viva speranza di essere
con Te per l’eternità. Grazie, Signore, per averci tratti fuori dal gioco del
maligno e dalle sue mille scale senza uscita. {02-02-2013}
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URL: http://diakrisis.altervista.org/_Prob/T1-Esci_null_Esc.htm
01-02-2013; Aggiornamento: 07-02-2013 |