«Io prenderò il diritto per livello, e la giustizia per piombino» (Isaia 28,17).

La fede che discerne la ferma verità in un tempo mutevole

«Diakrisis»: Discernimento — «Credere e comprendere»

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Escatologia 1

 

Riuscire nella vita

 

 

 

 

Questa opera contiene senz'altro alcune novità. Leggendo i brani escatologici della Bibbia sorgono vari interrogativi, ad esempio i seguenti:

■ I credenti, quando muoiono, vanno in cielo o in paradiso?

■ I morti nell'aldilà sono solo inattivi o anche incoscienti?

■ I bimbi morti dove vanno?

■ Se nessuno sa il giorno e l'ora dell'avvento del Messia, perché diversi cristiani hanno fatto predizioni circostanziate per il loro futuro imminente?

■ Qual è la differenza fra escatologia e utopia?

■ In che cosa si differenzia la speranza biblica dalla speranza secolarizzata di alcuni marxisti?

■ Il «rapimento» precederà o seguirà la tribolazione finale?

■ Quando risusciteranno i credenti dell'AT?

■ Il regno millenario è concreto o solo spirituale?

■ Durante il suo regno futuro col Messia regnerà sono Israele o anche la chiesa?

■ Nella nuova creazione i credenti abiteranno in cielo o sulla nuova terra?

■ Lo stagno di fuoco esisterà per sempre?

■ I morti si riconoscono nell'aldilà?

■ Non sarà noioso vivere nel nuovo mondo?

■ Ci sarà il tempo nel nuovo mondo?

■ Ci sarà il matrimonio nel nuovo mondo?

■ Eccetera...

 

Vedi al riguardo le recensioni.

Escatologia 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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UNA PERSONA A ME CARA SI È GRAVEMENTE

AMMALATA. E ORA?

 

 di Nicola Martella

 

1. Il fulmine a ciel sereno

     La vita scorreva nella normalità, fra alti e bassi. I rapporti fra coniugi, fra fidanzati, fra genitori e figli, eccetera, seguivano i soliti ritmi e l’andirivieni di sempre, con momenti di gioia, tran-tran, ovvietà e abitudini, con i soliti fastidi psico-fisici, veri e presunti, con i cicli di stress e di tranquillo recupero, con le speranze e i timori della vita.

     Poi, un giorno, un nostro caro ritorna dal medico col viso mesto, più del solito. Lì per lì, pensiamo che si tratti dei suoi soliti disturbi periodici, di cui si lamentava da tempo e con cui cercava maggiore attenzione e considerazione. Questa volta non era così: un male grave e oscuro quanto il nome complicato, che porta. È come se cadesse un fulmine a ciel sereno. Improvvisamente è come se il treno deragliasse, o la macchina forasse insieme tutte e quattro le gomme e uscissimo fuori strada. L’esistenza finisce a gambe all’aria. È come un’ondata di gelo polare in piena estate. Dapprima c’è l’incredulità e lo stupore. Subito dopo ci chiediamo cose del genere: È grave? Quanto è grave? È guaribile? Ce la farà? Sennò, quanto tempo resta da vivere? Che dice il medico? E se si è sbagliato? Dovremmo consultare un altro specialista, per andare sul sicuro?

 

2. Uno scenario che muta

     All’improvviso l’orizzonte si restringe. Tutta la vita diventa come un carosello, che gira tutto intorno al perno di tale malattia. Tutto il resto si scolorisce e diventa contorno. Le cose più eclatanti, che succedono nel nostro Paese e nel mondo, non ci scuotono più come dovrebbero: le cose piacevoli stridono col nostro lutto; le cose drammatiche acuiscono ancor più il nostro dolore. Per il resto, è come se l’intero universo sia distratto e indifferente al nostro dramma familiare.

     Comincia la trafila degli specialisti, delle analisi, degli ospedali, delle cure prospettate. Cerchiamo di leggere fra le righe qualche barlume di speranza. Ci sembra di entrare in un labirinto. Congiunto malatoÈ come se tutti ci abbandonassero ora, che è arrivato questo gran male. Noi stessi vorremmo svegliarci dall’incubo e scoprire che è stato tutto un sogno. Oppure, vorremmo scappare da tale situazione e andarci a nascondere alla fine del mondo.

 

3. Interrogativi e problematiche

     Comincia la macabra danza degli interrogativi, in un continuo andirivieni. Che sarà del mio caro? Che sarà di me? Ce la faremo a rimanere uniti su tale «via dolorosa» o tale gran male minerà anche i nostri rapporti? Andrà tutto a buon fine? Dovremmo sperare o disperare? Devo tacere o parlare, dispormi solo all’ascolto o anche incoraggiare? Ce la farò a sostenere tale carico? Come andrà a finire? Chi ci darà speranza?

     Il momento di una grave malattia può diventare un toccasana: la patologia può, infatti, rimpicciolire tutti gli altri problemi esistenziali, interpersonali, familiari, di coppia, aiutandoli a risolvere. Oppure essa può diventare una bomba che devasta: li può amplificare a dismisura, cosicché tutto crolla. Può succedere, quindi, che la malattia unisca maggiormente, oppure che divida ulteriormente.

     Non di rado, i malati vengono lasciati a se stessi da fidanzati, coniugi, figli, amici e quant’altri, perché la malattia li imbarazza, li affligge, li stressa o li schifa. Essi, abbandonando il fidanzato, il coniuge o l’amico a sé stesso, affermano di essersi aspettati ben altro dalla vita. Puntualizzano che la malattia dell’altro è un impedimento alla propria felicità e non vogliono passare i prossimi mesi o anni nelle sale d’aspetto degli ospedali o al capezzale di un moribondo. Perciò, visto che la vita è breve, tali narcisisti preferiscono abbandonare l’altro a se stesso e dedicarsi alla propria autorealizzazione.

 

4. Alcuni casi biblici

     Scorrendo nella mente i fatti biblici, ho dovuto pensare alle seguenti tipologie e connessioni familiari, in cui qualcuno si è gravemente ammalato.

     ■ Si parla dell’angoscia di una madre (1 Re 17,17 vedova di Sarepta) o un padre (2 Sm 12,15ss Davide) dinanzi alla grave malattia di un figlio.

     ■ Si parla della grave patologia di un caro amico (Gv 11,4ss; Gesù e Lazzaro).

     ■ Si parla della sterilità della moglie, che per una donna è molto grave (Gn 15,21 Isacco e Rebecca; 1 Sm 1,7ss Elkana e Anna).

     ■ Si parla della reazione smodata di una moglie dinanzi alla malattia del marito: «Ancora stai saldo nella tua integrità? Ma lascia stare Dio, e muori» (Gb 2,8s).

     ■ Si parla della reazione compassionevole di Gesù dinanzi alle malattie della gente del suo tempo (Mt 4,23; 9,35s; 15,30), ma anche a tanti singoli casi, che lo commossero (Lc 7,9s il servo di un centurione; Lc 8,47s donna col flusso di sangue; Lc 8,49s figlia morta; Lc 13,16ss.16 donna tutta curvata; Lc 17,11-19 un lebbroso riconoscente; Lc 18,41ss cieco di Gerico).

     ■ Si parla anche della reazione solidale dei credenti verso un servitore del Signore. Paolo narrò ai Galati: «Voi non mi faceste torto alcuno; anzi sapete bene che fu a motivo di una malattia che vi evangelizzai la prima volta; e quella mia infermità, che era per voi una prova, voi non la disprezzaste né vi fece ribrezzo; al contrario mi accoglieste come un inviato di Dio, come Cristo Gesù stesso» (Gal 4,13s).

     ■ Si parla della premura di un servitore di Dio per i suoi colleghi e collaboratori. «Epafròdito, mio fratello, mio collaboratore e commilitone... è stato infermo, e ben vicino alla morte; ma Dio ha avuto pietà di lui; e non soltanto di lui, ma anche di me, perché io non avessi tristezza sopra tristezza» (Fil 2,25ss). A Timoteo scrisse: «Non continuare a bere acqua soltanto, ma prendi un poco di vino a motivo del tuo stomaco e delle tue frequenti infermità» (1 Tm 5,23).

 

Per alcuni approfondimenti rimandiamo al tema «Il mio coniuge è morto. E ora?».

 

► URL: http://diakrisis.altervista.org/_Prob/A1-Grave_malato_Esc.htm

17-05-2013; Aggiornamento:

 

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