«Io prenderò il diritto per livello, e la giustizia per piombino» (Isaia 28,17).

La fede che discerne la ferma verità in un tempo mutevole

«Diakrisis»: Discernimento — «Credere e comprendere»

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AUTOSTIMA E IMMAGINE DI DIO

 

 di Nicola Martella

 

Immagine di sé

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Una delle fonti d’infelicità del credente è che egli si nutra di una falsa immagine di Dio. Qui, secondo i casi, si vede Dio come un padre severo e intransigente, un poliziotto, un giudice implacabile; oppure, al contrario, Egli ci appare come uno zio buono, un pozzo di san Patrizio, un padre che nulla chiede e nulla vuole. Molte neurosi dette «ecclesiogene» (o religiose) dipendono da questo. Spesso si proiettano su Dio le proprie esperienze dell’infanzia riguardo sia al padre, sia agli adulti maschi.

     Chi ha avuto traumi infantili, inconsciamente proietta gli atteggiamenti reattivi nel rapporto con Dio (sia con gli altri). Allora si cerca la sua protezione, ma si teme che possa farci del male. Qui la terapia è quella di riacquistare una corretta immagine di Dio, che coniughi insieme le sue qualità antitetiche: amore e verità, misericordia e giustizia, eccetera.

 

 

2.  APPROFONDIMENTI: Il nostro rapporto con Dio è personale e dev’essere basato sulla sincerità e sulla verità. Se impariamo a conoscere Dio per quello che lui è veramente, conosceremo per certi aspetti anche noi stessi. Una falsa o distorta immagine di Dio porta conseguenze anche per noi stessi, il nostro comportamento e la nostra devozione (cfr. Gr 9,3; Os 4,1; Col 1,6; Tt 1,1; 1 Gv 4,6). È sempre la verità a renderci liberi. Se l’immagine, che abbiamo di Dio, è squilibrata, prima o poi crollerà come ogni «torre di Pisa». Allora ci si fa idoli, credendo che siano il Dio che li ha liberati (Es 32,4.8; Ne 9,18; 1 Re 12,28), e si praticano cose amorali, credendo che siano spiritualmente legittime, sebbene abominevoli (2 Re 17,13-17). Anche la ribellione del cuore viene ben celata da uno spiritualismo di facciata o dal ritualismo religioso (Is 29,13); talché la diagnosi divina può essere questa: «Io conosco le tue opere: tu hai nome di vivere e sei morto» (Ap 3,1).

     Chi fa sul serio con Dio, si pone dinanzi alla sua faccia e gli dice come il piccolo Samuele: «Parla, poiché il tuo servo ascolta» (1 Sm 3,10). Oppure fa come Davide: «O Eterno tu m’hai investigato e mi conosci. […] Investigami, o Dio, e conosci il mio cuore. Provami, e conosci i miei pensieri. E vedi se v’è in me qualche via iniqua, e guidami per la via eterna» (Sal 139,1.23s).

     Acquisire un’immagine corretta di Dio è, quindi, essenziale. Al riguardo bisogna essere sinceri e onesti come quando ci si pone dinanzi a uno specchio: guardando in esso, vedremo noi stessi e potremo apportare cambiamenti in noi; il nostro specchio è la Parola di Dio. «E noi tutti contemplando a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine di lui, di gloria in gloria, secondo che opera il Signore, che è Spirito» (2 Cor 3,18). Chiaramente ciò vale soltanto per gli esecutori della Parola e non soltanto per gli uditori dimentiche voli (Gcm 1,22ss).

     Quindi, «ritrovare noi stessi» avviene per i cristiani biblici soltanto e veramente quando ritrovano Cristo, ossia smettono di essere fuori asse e di girare intorno a se stessi come meteore impazzite. Lo stesso vale per il fatto che giriamo intorno agli altri: coniuge, figli, parenti, altre persone. Bisogna «scollegarsi» da tali priorità e bisogna ricominciare a connettersi col centro,ossia Cristo, e a ruotare intorno a Lui. Per fare ciò, bisogna farsi «resettare» dal Signore mediante il suo Spirito e bisogna presentare il proprio corpo (sì, proprio quello!) in sacrificio razionale al Signore, facendosi trasformare da Lui (Rm 12,1s). Solo allora saremo luce e sale e d’aiuto anche per gli altri, non dipendendo da loro, ma da Cristo. Quindi, ritrovare il nostro rapporto corretto e personale col Signore, significa ritrovare noi stessi.

 

 

3.  ASPETTI CONCLUSIVI: Sebbene capisca che cosa un credente voglia dire, quando afferma: «Devo ritrovare me stesso», la via biblica è proprio al contrario, ossia bisogna perdere se stesso per ritrovare se stesso. Gesù Cristo ci chiede di non amare nessuno più di Lui, neppure noi stessi: «Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figliolo o figliola più di me, non è degno di me; chi non prende la sua croce e non viene dietro a me, non è degno di me. Chi avrà trovato la vita sua, la perderà; e chi avrà perduto la sua vita a causa mia, la troverà» (Mt 10,37ss). Da ciò consegue quanto segue.

     ■ Il maggiore ostacolo ad amare e servire di Dio è l’amore per le persone care, che abbiamo.

     ■ La zavorra maggiore da eliminare, perché la nostra mongolfiera prenda quota, siamo noi stessi e le nostre pretese.

     ■ Solo quando perdiamo le nostre ragioni e le nostre pretese, come chi va al patibolo, siamo disposti ad accettare le ragioni e le pretese di Dio nella nostra vita; solo allora troviamo un significato e un valore. Nulla può essere riempito, se prima non viene svuotato.

 

Per l’approfondimento si veda in Nicola Martella, Entrare nella breccia (Punto°A°Croce, Roma 1996), gli articoli: «Antropologia», pp. 95-102; «Chi è Dio?», pp. 103-111.

     Sull’immagine di Dio si vedano in Nicola Martella, Temi delle origini. Le Origini 1 (Punto°A°Croce, Roma 2006), gli articoli: «L’uomo quale immagine di Dio», pp. 134-145; «Immagine di Dio e dominio della terra», pp. 146-163. Per l’esegesi di Genesi 1,27 si veda Nicola Martella, «La creazione dell’uomo», Esegesi delle origini. Le Origini 2 (Punto°A°Croce, Roma 2006), pp. 78-83.

 

Autostima e immagine di Dio? Parliamone {Nicola Martella} (T)

Identità e valutazione corretta di sé {Nicola Martella} (A)

 

► URL : http://diakrisis.altervista.org/_Prob/A1-Autostima_immag_EnB.htm

10-05-2011; Aggiornamento: 09-07-2012

 

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