1. ENTRIAMO IN TEMA: Una delle
fonti d’infelicità del credente è che egli si nutra di una falsa immagine di
Dio. Qui, secondo i casi, si vede Dio come un padre severo e intransigente,
un poliziotto, un giudice implacabile; oppure, al contrario, Egli ci
appare come uno zio buono, un pozzo di san Patrizio, un padre che nulla
chiede e nulla vuole. Molte neurosi dette «ecclesiogene» (o religiose) dipendono
da questo. Spesso si proiettano su Dio le proprie esperienze dell’infanzia
riguardo sia al padre, sia agli adulti maschi.
Chi ha avuto
traumi infantili, inconsciamente proietta gli atteggiamenti reattivi nel
rapporto con Dio (sia con gli altri). Allora si cerca la sua protezione, ma si
teme che possa farci del male. Qui la terapia è quella di riacquistare
una corretta immagine di Dio, che coniughi insieme le sue qualità antitetiche:
amore e verità, misericordia e giustizia, eccetera.
2. APPROFONDIMENTI: Il nostro
rapporto con Dio è personale e dev’essere basato sulla sincerità e sulla verità.
Se impariamo a conoscere Dio per quello che lui è veramente, conosceremo
per certi aspetti anche noi stessi. Una falsa o distorta immagine di Dio
porta conseguenze anche per noi stessi, il nostro comportamento e la nostra
devozione (cfr. Gr 9,3; Os 4,1; Col 1,6; Tt 1,1; 1 Gv 4,6). È sempre la verità a
renderci liberi. Se l’immagine, che abbiamo di Dio, è squilibrata, prima o poi
crollerà come ogni «torre di Pisa». Allora ci si fa idoli, credendo che
siano il Dio che li ha liberati (Es 32,4.8; Ne 9,18; 1 Re 12,28), e si praticano
cose amorali, credendo che siano spiritualmente legittime, sebbene
abominevoli (2 Re 17,13-17). Anche la ribellione del cuore viene ben
celata da uno spiritualismo di facciata o dal ritualismo religioso (Is 29,13);
talché la diagnosi divina può essere questa: «Io conosco le tue opere: tu hai
nome di vivere e sei morto» (Ap 3,1).
Chi fa sul
serio con Dio, si pone dinanzi alla sua faccia e gli dice come il piccolo
Samuele: «Parla, poiché il tuo servo ascolta» (1 Sm 3,10). Oppure fa come
Davide: «O Eterno tu m’hai investigato e mi conosci. […] Investigami,
o Dio, e conosci il mio cuore. Provami, e conosci i miei pensieri. E vedi se v’è
in me qualche via iniqua, e guidami per la via eterna» (Sal 139,1.23s).
Acquisire un’immagine
corretta di Dio è, quindi, essenziale. Al riguardo bisogna essere sinceri e
onesti come quando ci si pone dinanzi a uno specchio: guardando in esso,
vedremo noi stessi e potremo apportare cambiamenti in noi; il nostro specchio è
la Parola di Dio. «E noi tutti contemplando a viso scoperto, come in uno
specchio, la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine di lui,
di gloria in gloria, secondo che opera il Signore, che è Spirito» (2 Cor
3,18). Chiaramente ciò vale soltanto per gli esecutori della Parola e non
soltanto per gli uditori dimentiche voli (Gcm 1,22ss).
Quindi, «ritrovare
noi stessi» avviene per i cristiani biblici soltanto e veramente quando
ritrovano Cristo, ossia smettono di essere fuori asse e di girare intorno a
se stessi come meteore impazzite. Lo stesso vale per il fatto che giriamo
intorno agli altri: coniuge, figli, parenti, altre persone. Bisogna
«scollegarsi» da tali priorità e bisogna ricominciare a connettersi col
centro,ossia Cristo, e a ruotare intorno a Lui. Per fare ciò, bisogna farsi
«resettare» dal Signore mediante il suo Spirito e bisogna presentare il proprio
corpo (sì, proprio quello!) in sacrificio razionale al Signore, facendosi
trasformare da Lui (Rm 12,1s). Solo allora saremo luce e sale e d’aiuto anche
per gli altri, non dipendendo da loro, ma da Cristo. Quindi, ritrovare il nostro
rapporto corretto e personale col Signore, significa ritrovare noi stessi.
3. ASPETTI CONCLUSIVI: Sebbene
capisca che cosa un credente voglia dire, quando afferma: «Devo ritrovare me
stesso», la via biblica è proprio al contrario, ossia bisogna perdere se
stesso per ritrovare se stesso. Gesù Cristo ci chiede di non amare nessuno
più di Lui, neppure noi stessi: «Chi ama padre o madre più di me, non è
degno di me; e chi ama figliolo o figliola più di me, non è degno di me;
chi non prende la sua croce e non viene dietro a me, non è degno di me. Chi
avrà trovato la vita sua, la perderà; e chi avrà perduto la sua vita a
causa mia, la troverà» (Mt 10,37ss). Da ciò consegue quanto segue.
■ Il maggiore
ostacolo ad amare e servire di Dio è l’amore per le persone care, che
abbiamo.
■ La
zavorra maggiore da eliminare, perché la nostra mongolfiera prenda quota,
siamo noi stessi e le nostre pretese.
■ Solo quando
perdiamo le nostre ragioni e le nostre pretese, come chi va al patibolo,
siamo disposti ad accettare le ragioni e le pretese di Dio nella nostra
vita; solo allora troviamo un significato e un valore. Nulla può essere
riempito, se prima non viene svuotato.
Per
l’approfondimento si veda in Nicola Martella,
Entrare nella breccia (Punto°A°Croce, Roma 1996), gli articoli:
«Antropologia», pp. 95-102; «Chi è Dio?», pp. 103-111.
Sull’immagine
di Dio si vedano in Nicola Martella, Temi delle origini.
Le Origini 1 (Punto°A°Croce, Roma 2006), gli articoli: «L’uomo quale
immagine di Dio», pp. 134-145; «Immagine di Dio e dominio della terra», pp.
146-163. Per l’esegesi di Genesi 1,27 si veda Nicola Martella, «La
creazione dell’uomo», Esegesi delle
origini.
Le Origini 2 (Punto°A°Croce, Roma 2006), pp. 78-83.
►
Autostima e immagine di Dio? Parliamone {Nicola Martella} (T)
►
Identità e valutazione corretta di sé
{Nicola Martella} (A)
► URL
:
http://diakrisis.altervista.org/_Prob/A1-Autostima_immag_EnB.htm
10-05-2011; Aggiornamento:
09-07-2012 |