A tale domanda si
può rispondere in modi diversi (sì, no, sì e no, ecc.), a seconda di ciò che intendiamo dire e da quale
punto di vista. Qui di seguito mi limito a una questione specifica, a cui invito
alla discussione.
1. La questione
Un amico
cristiano ha riportato la seguente citazione, presa da uno dei libri di Watchman
Nee: «Amici miei, non possiamo produrre negli altri la sensazione di Dio, non
possiamo trasmettere il senso della presenza di Dio, se ogni cosa non è stata
rotta, anche ciò che è più prezioso, ai piedi del Signore Gesù. Il Signore non
ci vuole qui tanto per predicare o per fare qualche altro lavoro per Lui, ma per
creare negli altri la fame. Nessuna opera autentica potrà iniziare senza
un sentimento di bisogno. Non possiamo iniettarlo nella gente, non
possiamo condurre la gente ad avere fame di Dio. Una fame del genere può
essere creata solo da quelli, che trasmettono un’impressione vitale di
Lui» (grassetto nostro).
2. Spunti per la
discussione
È certamente
un discorso interessante, ma un po’ contorto e contraddittorio,
specialmente perché ci manca il contesto, l’obiettivo e le cose che Watchman (=
Guardiano) Nee intendeva allora contrastare. Egli scrisse: «Il Signore ci
vuole... per creare negli altri la fame [...] non possiamo condurre la gente ad
avere fame di Dio... può essere creata...». Watchman Nee avrebbe dovuto decidersi
(o spiegarsi) meglio; avrebbe dovuto anche confidare di più nell’opera dello
Spirito Santo e non pensare ai credenti come dei «crea fame» o «crea
bisogni». Questo lo fanno le agenzie di marketing con le loro strategie
di mercato e le agenzie pubblicità con i loro spot suggestivi.
Egli afferma,
inoltre: «Il Signore non ci vuole qui tanto per predicare o per fare
qualche altro lavoro per Lui». Anche ciò è discutibile. Si tenga presente, ad
esempio, quanto segue:
■ Gesù scelse
i dodici per tenerli con sé e per mandarli a predicare (Mc 3,15).
■ Paolo
evidenziò la necessità di mandare operai a predicare, perché la gente
ascolti l’Evangelo e accetti la salvezza (Rm 10,14).
■ Paolo parlò
di «questo fratello, la cui lode nella predicazione dell’Evangelo è
sparsa per tutte le chiese» (2 Cor 8,18).
■ L’apostolo
parlò anche del suo mandato a proposito della «predicazione, che è stata a me
affidata per mandato di Dio, nostro Salvatore» (Tt 1,3).
Il credente fedele
non ha il dovere di suscitare fame negli altri, ma di adempiere il ministero,
che il Signore gli ha affidato (2 Cor 5,18 riconciliazione; cfr. Gv 17,4 Gesù) e
di essere trovato un servitore e amministratore fedele (1 Cor 4,1s),
poiché è per tale opera che sarà giudicato. A ciò s’aggiunga la seguente
raccomandazione: «Predica la Parola, insisti a tempo e fuor di tempo,
riprendi, sgrida, esorta con grande pazienza e sempre istruendo» (2 Tm 4,2).
Se qualcuno è moribondo, bisogna non solo invogliarlo a mangiare, ma costringerlo a farlo, anche quando non ha fame e desiderio, poiché ne va della sua vita!
Non è
sbagliato cercare stili di vita (personali e comunitari) e metodi per rendere
appetibile ciò, che facciamo. Tuttavia, di credenti che debbano creare tale
«fame» negli altri, sinceramente, non ho trovato traccia nel NT. Il Signore ci
ha mandato a predicare l’Evangelo (essere luce e sale), non a creare il
bisogno di salvezza (fame); al riguardo ci pensa lo Spirito Santo, quando
tocca i cuori. Quando è buio e la luce è accesa, i moscerini vanno da soli verso
la fonte luminosa. Se non ci vanno, è perché le lanterne sono spente o coperte.
Allora neppure le strategie di marketing e pubblicità cristiani per suscitare
fame e desiderio serviranno.
3. Aspetti
conclusivi
Ciò che ho
trovato nel NT è la disponibilità a calarsi nella cultura e nella
mentalità altrui (certo senza contaminarsi e peccare) per prendere le persone
là, dove si trovano, e spiegare loro l’Evangelo all’interno di tali contenitori
culturali e come essi al meglio possono comprenderlo. «Pur essendo libero da
tutti, mi sono fatto servo di tutti, per guadagnarne il maggior numero;
con i Giudei, mi sono fatto giudeo, per guadagnare i Giudei; con quelli
che sono sotto la legge, mi sono fatto come uno che è sotto la legge (benché io
stesso non sia sottoposto alla legge), per guadagnare quelli che sono sotto la
legge; con quelli che sono senza legge, mi sono fatto come se fossi senza
legge (pur non essendo senza la legge di Dio, ma essendo sotto la legge di
Cristo), per guadagnare quelli che sono senza legge. Con i deboli mi sono
fatto debole, per guadagnare i deboli; mi sono fatto ogni cosa a tutti,
per salvarne a ogni modo alcuni. faccio tutto per l’Evangelo, al fine di
esserne partecipe insieme ad altri» (1 Cor 9,19-23).
Tutto ciò che
ho scritto rappresenta soltanto un aspetto rilevante della questione. Mi
fermo qui, per dare l’occasione ad altri per completare il quadro.
Parlandone insieme, le questioni si sedimentano e la questione risulta più
chiara.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
▲ (I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.
I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)
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1. {Emiliano Musso}
▲
■
Contributo: Sicuramente questo articolo fa riflettere sui
modi in cui — come credenti — ci approcciamo all’altro: troppo spesso, impegnati
a cercare di fare le veci dello Spirito Santo, ci si dimentica di essere
chiamati a riflettere la luce, che viene da Cristo (e di conseguenza, a
viverla), e non a svolgere un lavoro, che va ben oltre le nostre capacità e
possibilità (la convinzione di peccato prima, e la conversione poi, non sono
certo alla portata del messaggero, ma appannaggio di Dio). Grazie, Nicola, per
questi utili spunti. {07-04-2012}
▬
Risposta (Nicola Martella): Giustamente lo Spirito Santo
è Egli stesso il «sovvenitore» (parakletos). Egli necessita di
cartelli indicatori verso la soluzione, ma la convinzione di dover accettare
quest’ultima (quindi, il bisogno o la «fame»), la suscita soltanto Lui. I
cristiani coerenti e ubbidienti possono essere tali segnali stradali
sulla via della salvezza.
2. {Antonio Capasso}
▲
■
Contributo: Ho letto diversi libri di Watchman Nee.
Alcuni molto belli (es. «Non più io ma Cristo»), altri poco belli o
addirittura pessimi (p.es. «Autorità spirituale»). Qualcuno ha detto
addirittura che fosse «modalista». Riguardo alla citazione di Nee, penso che
l’autore si riferisca al fatto che i credenti possono creare, con la loro vita e
la loro testimonianza, fame di Dio negli altri. Non con strategie di
marketing, quindi, ma con una predicazione dell’Evangelo fatta con potenza e
coerenza, Dio attraverso di noi (siamo luce del mondo) può attirare
(creare la fame) alla grazia sua. {07-04-2012}
▬
Risposta
(Nicola Martella): Per quanto ho capito, nel NT Gesù disse ai suoi discepoli: «Date loro voi
da mangiare!» (Mt 14,16), ma mai «Suscitate in loro la fame». Per il
resto, certo, se viviamo con coerenza la vita cristiana, essa può
diventare desiderabile per alcuni, che ci guardano, per altri no. Perciò,
lo stile di vita e di fede del cristiano è primariamente l’effetto di una
devozione personale verso il Signore, non una strategia missionaria; la
testimonianza è, per così dire, un effetto collaterale.
3. {Nicola Carlisi}
▲
■
Contributo: Come giustamente tu hai citato,
Iddio da noi richiede solo fedeltà nel restare e predicare la sua Parola
in tutta la sua integrità (1 Cor 4,2) Gesù disse: «Nessuno può venire a me,
se non che il Padre, che mi ha mandato, la tragga» (Gv 6,44). Gesù è
il «Pane della vita», ma se non è lo Spirito Santo a creare o
stimolare nella persona la fame, e cioè il bisogno della salvezza, nessuno va a
Gesù. Tanti, che seguitavano Gesù, non credevano; e Gesù li conosceva fin dal
principio, compreso Giuda. E Gesù disse loro: «Perciò vi ho detto che nessuno
può venire a me, se non gli è dato dal Padre mio» ( Ev. Giov. 6,65).
Tanti non hanno compreso che con i nostri sforzi possiamo creare solo
proseliti; ma il salvare appartiene al Signore (Sal 3,8; Dan 3,29;
Matt19,25-26). {07-04-2012}
▬
Risposta (Nicola
Martella): Tale contributo mi dà l’occasione per alcuni approfondimenti
sul tema.
■ Eletti ma
perduti: Vorrei dire qualche parola di chiarezza su Giovanni 6,44.65, visto
che tali versi sono strumentalizzati dalla ideologia iper-calvinista. In tale
capitolo Gesù sfatò l’illusione dei Giudei del suo tempo di essere a posto,
essendo parte del popolo del patto e avendo, perciò, la salvezza, senza
necessitare che Egli fosse il Messia promesso. Tali Giudei erano eletti
(secondo la promessa), ma perduti senza Cristo (cfr. Gv 8,24). Non solo i
proseliti avevano bisogno di un’opera dall’Alto, ma gli stessi Giudei (Gv
3,3-8). La loro appartenenza razziale era un vantaggio quanto a essere
destinatari delle promesse divine, ma era altresì un impedimento alla
salvezza (Gv 1,11ss), ritenendo essi che bastasse essere figli di Abramo (Gv
8,39ss).
Chi si
sente sazio, come tali Giudei, non crede di aver bisogno di mangiare, per
poter vivere; l’anoressia spirituale porta alla morte eterna. Nel
prossimo punto vedremo come Gesù cercò di adoperare una terapia shock per
provocare la fame in chi era già spiritualmente deperito, ma nonostante ciò si
sentiva sano e in salute.
■ Fame
spirituale di Gesù: Per restare al tema, in Giovanni 6 Gesù provocò i Giudei
del suo tempo ad avere veramente fame di Lui (in quanto persona, non in
un presunto significato sacramentale). Perciò, presentandosi loro come il Messia
promesso, disse loro: «Il Padre mio vi dà il vero pane, che viene dal
cielo... Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame, e chi
crede in me non avrà mai sete. [...] Io sono il pane vivente, che è disceso
dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che darò è la
mia carne, che darò per la vita del mondo. In verità, in verità io vi
dico che, se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo
sangue, non avete la vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio
sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia
carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la
mia carne e beve il mio sangue dimora in me, e io in lui. Come il vivente Padre
mi ha mandato e io vivo a motivo del Padre, così chi mi mangia, vivrà
anch’egli a motivo di me» (Gv 6,32-35.41.47-57). Sì, Gesù sapeva come
provocare la fame in coloro, che vedevano in Lui il Messia; coloro, che lo
consideravano solo come figlio di Giuseppe e di Maria (v. 42), si
scandalizzarono (vv. 60s). Tale parlare duro e provocatorio aveva il senso di
trovare seguaci, che avessero veramente fame di Lui e facessero sul serio
con Lui. Infatti, Gesù non invitava a un cannibalismo (neppure sacramentale),
poiché spiegò ai suoi discepoli: «È lo Spirito, quello che vivifica;
la carne non giova nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita»
(v. 63).
4. {Maurizio Marino}
▲
■
Contributo: La fame è
uno stimolo naturale, per avvertirci di un nostro bisogno. Quando si ha fame, si
cerca l’obiettivo giusto: mangiare per saziarsi.
In campo
spirituale l’Evangelo è la buona notizia, che può saziare la fame.
Infatti, ogni uomo ha fame di Dio, anche se non se ne rende conto ma
cerca di saziarsi nel modo sbagliato, che non può saziarlo.
Allora, il
nostro compito è propedeutico, nel senso che dobbiamo aiutare a scoprire
la fame del Signore e come saziarla.
Chiaramente
sarà lo Spirito Santo a «convincere» che l’Evangelo è il cibo giusto.
{08-04-2012}
▬ Risposta
(Nicola Martella): La fame è uno stimolo naturale, insito nell’uomo.
Tranne che per i casi di patologia, non bisogna suscitarla. Ci sono vari tipi
di fame, ad esempio, fame da cibo, fame da appagamento (psichico, sensuale,
ecc.), fame di successo, fame di sapere, fame di Dio. Il problema è che certi
tipi di persone si adattano col tempo a un «mangiare» insano: ai
surrogati (ideologici, religiosi, ecc.), ai cibi pronti della cultura pieni di
additivi e conservanti (edonismo, narcisismo, rivalità, compromessi,
materialismo, ecc.), al fast-food (tutto e subito, prendi ciò che puoi, ama te
stesso, ecc.) e così via.
Il compito dei
cristiani biblici non è tanto quello di suscitare la fame, ma di assecondarla
per dirigerla sul cibo genuino: ciò che è verace, morale, scritturale e
spirituale. Bisogna comunicare che la fame vera della vita, è quella di
verità, la fame di Dio, che solo Lui può appagare.
5. {}
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6. {}
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8. {}
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9. {}
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10. {}
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11. {}
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12. {Autori
vari}
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■
Luisa Lauretta: Sono d’accordo Nicola, con
quello che scrivi. La fame spirituale cresce con la comunione personale
con il nostro Signore, giorno dopo giorno. Dio ti benedica fratello.
{07-04-2012}
URL: http://diakrisis.altervista.org/_Dot/T1-Suscita_fame_Evang_EdF.htm
07-04-2012; Aggiornamento: 09-04-2012 |