«Io prenderò il diritto per livello, e la giustizia per piombino» (Isaia 28,17).

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DOBBIAMO PORTARE NOI LA CROCE DI CRISTO?

 

 a cura di Nicola Martella

Francesco Forgione

«Gesù non ti chiede di portare con lui la pesante croce,

ma un piccolo pezzo della sua croce»

(Padre Pio da Pietrelcina, ossia Francesco Forgione).

 

Ho trovato in rete tale affermazione ad effetto che, se analizzata a fondo, con la Bibbia alla mano, potrebbe rivelare un alto indice di deviazione dottrinale, sebbene essa sia stata velata nella terminologia da un linguaggio illustrativo e da uno spiritualismo misticheggiante, che possono far presa ed effetto sull’animo religioso.

     A guardare bene, si tratta di una dottrina biblicamente sbagliata basata su approssimazioni! Gesù non ci ha mai chiesto di portare la sua propria croce (in tutto o in parte), poiché questo lo ha fatto lui stesso e da solo. In tali momenti della sua passione e morte, tutti i discepoli lo avevano abbandonato. In qualche modo, qui viene sottilmente suggerita una compartecipazione alla propria redenzione e l’incapacità di Cristo di crearla da solo e del tutto. Inoltre, viene data alla sofferenza personale la capacità di espiare i propri peccati, almeno in compartecipazione alle sofferenze di Cristo.

     In effetti, Gesù ha preteso qualcosa di diverso: «Allora Gesù disse ai suoi discepoli: Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso e prenda la sua croce e mi segua» (Matteo 16,24). Ciò significava, che chi lo seguiva, doveva vivere come uno, che si considerava un condannato a morte; quindi doveva seguirlo al 100%, senza se e senza ma (cfr. vv. 25ss).

     Come si vede, l’errore sta sempre nel dettaglio. Qualcosa, che è quasi giusta, si rivela poi del tutto sbagliata. Bisogna rendersi conto che basta spostare leggermente gli accenti teologici (si veda come fecero già il serpente ed Eva nell’Eden!), e la redenzione diventa un prodotto antropologico (umanesimo cristianizzato, spiritualismo umanistico), invece di rimanere l’esclusiva e irripetibile opera di Cristo. «Egli è entrato una volta per sempre nel santuario [celeste], avendo acquistata una redenzione eterna» (Ebrei 9,12; cfr. 7,27; 10,10).

     Inoltre, il Cristo glorioso non porta più la croce, poiché lo ha fatto una volta sola circa due millenni fa; né è assolutamente possibile, storicamente parlando, che possiamo ancora portare noi la sua croce, ma ci è richiesto di portare la nostra. «Cristo, essendo risuscitato dai morti, non muore più; la morte non lo signoreggia più. Poiché il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre; ma il suo vivere è un vivere a Dio» (Romani 6,9s).

     Il misticismo spiritualista e le approssimazioni dottrinali sono una vera minaccia per la verità biblica. Bisogna stare attenti a non essere come «bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore» (Ef 4,14). Bisogna guardarsi dai maestri, che insegnano approssimazioni dottrinali, le quali lì per lì possono anche appagare l’animo religioso. «Verrà il tempo che non sopporteranno la sana dottrina; ma per prurito d’udire si accumuleranno insegnanti secondo le loro proprie voglie e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole» (2 Timoteo 4,3s).

     Lo spiritualismo umanistico e l’umanesimo misticheggiante, suggerendo una compartecipazione alla propria salvezza, sembrano appagare l’amor proprio religioso, ma effettivamente fanno deviare dalla semplicità dell’Evangelo di Cristo e portano, perciò, a fraintendere il messaggio salvifico di Dio e a perdere l’anima propria. Tuttavia, la Bibbia afferma quanto segue: «Dio ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall’eternità» (2 Timoteo 1,9). «Infatti, è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere, affinché nessuno se ne vanti» (Efesini 2,8s).

 

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I contributi sul tema

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1. Pietro Calenzo

2. Francesco Giordano

3. Giovanni Sarruso

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12. Autori vari

 

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1. {Pietro Calenzo}

 

Carissimo Nicola, shalom. In particolar modo (ma non solo) nel caso di specie sopra illustrato, il nemico è molto sottile. Saggiamente anche Lutero affermava che il maligno è la scimmia di Dio. Molto spesso l’apostasia e l’eresia si annidano in piccole ma particolari disquisizioni, apparentemente secondarie. Benedizioni in Gesù Messia. {28-11-2011}

 

 

2. {Francesco Giordano}

 

Concordo in pieno, Nicola; poiché se Cristo ci avrebbe chiesto di portare la sua di croce (sofferenza per il peccato), per noi non ci sarebbe stato scampo. Sarebbe stata inutile anche la sua venuta sulla terra a pro di noi peccatori! Ma siccome il suo sacrificio è valido per noi, ci ha chiesto di portare la nostra croce; ciò inizia col portare la nostra carne peccaminosa a Lui, affinché il suo prezioso sangue la possa lavare! {29-11-2011}

 

 

3. {Giovanni Sarruso}

 

Contributo: Se ne siamo capaci, certamente, come Simone di Cirene. {21-11-2012}

 

Nicola Martella: Simone di Cirene fu obbligato a portare la croce materiale di Gesù per un tratto, ma non andò in croce. «Mentre uscivano, trovarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la croce di Gesù» (Mt 27,32). Tale «legno» è marcito da circa due millenni. E anche se ci fosse ancora, portarlo non genererebbe nulla, oltre al peso. Infatti, Gesù ha comandato ai suoi seguaci di portare la loro propria croce, non quella sua! «Allora Gesù disse ai suoi discepoli: Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso e prenda la sua croce e mi segua» (Matteo 16,24). Ciò significa oggigiorno accettare Gesù quale Messia, ossia come proprio personale e unico Salvatore e Signore.

 

 

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12. {Autori vari}

 

 

Franco D’Antoni: Sono ciechi loro e fanno cadere gli altri nell’equivoco. {21-11-2012}

 

Piero Pecoraro: Grazie Nicola! Condivido perfettamente! Purtroppo questo versetto è stato preso alla lettera da molti «religiosi» e non soltanto. Si sa infatti che le Sacre Scritture nel loro contesto, se interpretate e lette in maniera letterale, diventano un «pretesto» e danno spazio al misticismo, un classico del clero cattolico e non solo. È infatti indispensabile una sana conoscenza, che solo un credente salvato può insegnare, perché provvisto della giusta luce e trasparenza scritturale. {21-11-2012}

 

Nicola Martella: In Matteo 16,24 Gesù parlò della croce dei discepoli, che essi dovevano portare, non della sua propria. Quindi, non c’è molto da interpretare in tale verso. In effetti, molti degli apostoli morirono poi anche di una morte cruenta, così Pietro (Gv 21,19) e Giacomo (At 12,1s). La Bibbia è da interpretare in senso letterario, ossia secondo i generi letterari presenti nel testo (uso letterale o traslato, poesia o prosa, ecc.).

 

► URL: http://diakrisis.altervista.org/_Dot/T1-Portare_croce_Cristo_EdF.htm

23-12-2011; Aggiornamento: 21-11-2012

 

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