Questo
scritto risponde ad alcune questioni sollevate da un lettore a proposito
dell’articolo «La
chiesa è una teocrazia?».
In alcune
chiese odierne le decisioni sono solo di vertice (monocratiche), e la
comunità le deve accettare passivamente; in pratica, una oligarchia religiosa
tratta da minorenni il resto della chiesa. Può anche succedere che i «pochi» al
vertice si aggiustino le cose a seconda della loro convenienza e del loro
interesse di lobby (p.es. decideranno diversamente se sono coinvolte altre
persone o i loro propri familiari).
In altre
chiese le decisioni vengono prese a maggioranza, come se essa da sola
fosse espressione della volontà di Dio. Qui hanno un ruolo le posizioni
personali, la capacità di alcuni convincere gli altri con la dialettica, il
sentimento e il desiderio del momento, gli interessi personali, ecc. Se si
ripetesse la stessa consultazione a distanza di un certo periodo, si arriverebbe
addirittura a una decisione opposta.
In Atti 15
esiste un principio applicabile ancora oggigiorno riguardo a come prendere le
decisioni importanti nella chiesa: l’unanimità fra guide e chiesa e la
convinzione, che Dio abbia guidato in ciò col suo Spirito, in corrispondenza con
la sua volontà, rivelata nella sacra Scrittura. Di là dalle parole che si
possano usare, per comunicare alla chiesa locale il proprio convincimento di
guide della comunità, il riferimento ad Atti 15 ha il senso di indicare verso
tale metodo e tale unanimità spirituale. Il punto centrale della questione è
questo: Nelle importanti decisioni, che le guide
prenderanno, non devono soltanto esprimere la loro convinzione spirituale
(qualunque sia la fraseologia usata; At 15,25.28),
ma devono cercare anche il pari consentimento nella chiesa (vv. 22s). È
in questo importante equilibrio che Dio manifesterà la sua volontà. In tal modo,
si eviteranno decisioni sia corporative e monocratiche, sia basate su
maggioranze variabili.
Bisogna
certamente guardarsi dai clericalismi sempre riaffioranti e che reclamano
per sé una presunta investitura teocratica. Bisogna altresì guardarsi dai
democraticismi, in cui decisioni spirituali vengono prese a maggioranza;
così facendo, ossia decidendo con un voto, i saggi, gli spirituali, i maturi e i
responsabili hanno tanta voce in capitolo come gli stolti, i carnali, gli
immaturi e i faziosi.
Per
l’approfondimento rimando a uno studio dell’espressione «pari consentimento»
nel NT: Atti 1,14; 2,46; 4,24; 5,12; 8,6; 12,20. Si vedano qui anche le
espressioni «di un solo animo / cuore» (At 4,32; Rm 15,6), «gli uni gli altri»
(Rm 12,10; 13,8; 15,7; Gal 5,13ss; 6,2; Ef 2,2; 4,25.32; 5,21; ecc.).
I contributi sul tema
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1. {Pier Luigi Prozzo}
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Contributo: Ciao, Nicola. Cosa ne pensi tu, se potremmo ancora oggi
tirare a sorte sulla base di Atti 1,15-26 ? {30-11-2011}
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Risposta (Nicola Martella):
Questo faceva parte del costume giudaico. A noi sfuggono il tipo preciso di
sistema e l’intera procedura usati allora. Inoltre, ciò avvenne in Atti 1,
quindi prima dell’avvento storico dello Spirito Santo sugli apostoli. Avendo
oggigiorno la sacra Scrittura e la guida dello Spirito Santo, diffiderei
da tali metodi per le chiese odierne. Ciò lascerebbe sempre insoddisfatti
alcuni, creerebbe un senso di perplessità e lascerebbe anche pensare alla
possibilità di manipolazione. E ciò vale specialmente quando la cosa o la
persona scelta con la sorte, risulta, poi, nel tempo, inefficace, inaffidabile o
fallimentare. Nonostante ciò, la persona scelta con tale metodo può appellarsi
al fatto di essere stato direttamente eletto da Dio e che, perciò,
nessuno lo possa deporre dal suo incarico. Inoltre, tutto ciò rende passivi i
credenti, li deresponsabilizza e li rende pigri nella ricerca esegetica
della volontà di Dio, accompagnata da confronto e preghiera.
A ciò si aggiunga che in tutto il
resto del NT, in cui bisognava prendere una decisione e/o eleggere qualcuno, non
venne mai menzionato un tale metodo (cfr. At 6; At 15; 1 Tm 3; Tt 1).
2. {Pietro Calenzo}
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Dal punto di vista
scritturale, penso che ogni cristiano biblico, non possa che condividere la
pronuncia nella conferenza gerosolimitana di Giacomo, del fratello di
Gesù. Il punto focale, è il seguente: Nelle decisioni che ogni assemblea locale
deve pur pronunciare: «fin dove è l’uomo?!». A mio modesto parere, premesso che
tutti siamo sacerdoti di Cristo, è pur vero che non tutti abbiamo la medesima
maturità e gli stessi carismi. Come, dunque, ci si deve muovere, decidere e
deliberare? Far precedere ogni agire da preghiere comunitarie e private è
basilare, così come l’ascoltare gli anziani, i credenti più maturi... e
perché no, consultarsi con gli anziani, dottori e diaconi di una qualche
assemblea vicina (se necessitasse). Vagliare il tutto alla luce della
Scrittura (il che appare pacifico, ma non sempre è scontato) e parlare
pronunciandosi con la pesante e importante certezza e consapevolezza che si
agisca nel nome del Signore, in favore o per la crescita della Chiesa di
Dio, che è il suo gregge, e che noi ne siamo membri per sola grazia del Sommo
Pastore, Gesù Messia. Benedizioni. {30-11-2011}
3. {Maurizio Marino}
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Contributo:
L’importante è essere chiari e onesti e non fare come alcuni conduttori
che, a seconda dell’interesse, adottano «il pari consentimento», ma poi agiscono
in base alla maggioranza o «monocraticamente».
Riguardo a
ciò, ho vissuto una esperienza completamente negativa. Di fronte a una
decisione importante i conduttori della mia chiesa di provenienza avevano deciso
di cercare il «pari consentimento», ma poi, nella pratica, essi hanno
deciso sulla base della maggioranza.
Forse ci siamo troppo abituati alla politica mondana, in cui gli
«inciuci» sono all’ordine del giorno; ma nel Regno di Dio dovrebbe essere
diverso. Critichiamo tanto la chiesa romana, ma poi facciamo allo stesso modo!?
Nella chiesa del Signore non dovrebbero esserci «inciuci». {01-12-2011}
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Osservazioni
(Nicola Martella): Condivido il pensiero del fratello Maurizio Marino.
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Risposta (Nicola Martella): Chiaramente il nostro compito è di analizzare le Scritture per trovare
principi validi anche per la prassi ecclesiologica attuale. Poi, tali
principi dobbiamo applicarli con onestà e senza calcolo «politico»,
evitando di aggiustarci le cose secondo convenienza, ma ricercando con
imparzialità e irreprensibilità ciò, che piace al Signore e rappresenta il
bene reale dell’opera di Dio.
Sia le
decisioni forzate, sia quelle monocratiche, sia quelle di una «democratura»
(dittatura camuffata da democrazia), sono deleterie per la chiesa e l’opera di
Dio, poiché svelano l’arbitrio e il capriccio di una «oligarchia
religiosa», capace di manipolare la massa a proprio vantaggio con gli artefici
della dialettica, ora in un modo, ora in un altro.
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12. {Autori vari}
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Nunzio Nicastro: Gloria a Dio per il buon
equilibrio biblico. Preferisco il pari consentimento e non la maggioranza
vince o la minoranza vince. Ribadisco quanto da te affermato sul «“pari
consentimento” nel NT: Atti 1,14; 2,46; 4,24; 5,12; 8,6; 12,20. Si vedano
qui anche le espressioni «di un solo animo / cuore» (At 4,32; Rm 15,6),
“gli uni
gli altri” (Rm 12,10; 13,8; 15,7; Gal 5,13ss; 6,2; Ef 2,2; 4,25.32; 5,21;
ecc.)». Maranatha. {01-12-2011}
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URL: http://diakrisis.altervista.org/_Dot/T1-Decisioni_chiese_UnV.htm
02-12-2011; Aggiornamento: |