«Io prenderò il diritto per livello, e la giustizia per piombino» (Isaia 28,17).

La fede che discerne la ferma verità in un tempo mutevole

«Diakrisis»: Discernimento — «Credere e comprendere»

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Matteo, l’evangelista dei giudei

 

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Nello stesso libretto sono contenute le domande per lo studio e il dizionarietto, dove trovare le risposte.

  Ecco le parti principali della parte di studio:

■ Introduzione all'Evangelo di Matteo

■ Nascita, battesimo e tentazione (Mt 1,1-4,11)

■ Attività in Galilea (Mt 4,12-16,12)

■ Istruzione dei dodici (Mt 16,13-18,35)

■ Viaggio verso Gerusalemme e ultimi giorni in essa (Mt 19-25)

■ Crocifissione e risurrezione (Mt 26-28).

 

Inoltre ci sono, tra altre parti, anche le seguenti:

■ Dizionarietto

■ Guida allo studio personale e di gruppo.

 

Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ALBERO IN SALA, PRESEPE E CANTI NATALIZI

 

 di Nicola Martella

 

 

1.  ALBERO NELLA SALA DI CULTO?: Non pensavo di dover ritornare sul tema «albero di Natale», visto che già anni prima avevo pubblicato in merito già un articolo [ L’albero di Natale], a cui era seguita una fervida discussione. Tuttavia, ogni anno mi arrivano richieste specifiche.

 

     ■ Volevo porvi una domanda in quanto membro di una chiesa libera. Vorrei capire perché, visto che non crediamo al Natale come festa, c’è l’uso, in alcune chiese cristiane evangeliche, di addobbare l’albero e metterlo in bella vista. Io mi sento a disagio, davanti ad altri fratelli, della stessa identica nostra confessione, visto che alcune chiese non lo permettono. Vorrei una risposta biblica, non risposte del tipo: «Che male c’è», oppure: «Conta l’interiore». Infatti, la gente, che ha bisogno di Cristo, vede l’esteriore come nostro biglietto da visita. Quindi, potete darmi delle basi bibliche, su cui basare l’uso dell’albero di Natale, soprattutto in chiesa? Visto che già, chi non lo permette, mi ha fornito le sue bibliche motivazioni? {Nunzio Cristofari, ps.; 14-12-2014}

 

     ■ Caro fratello in fede, ti scrivo per sapere come la pensi (ma soprattutto alla luce della Parola di Dio) sulla questione dell’albero di Natale, che ormai in quasi tutte le case di credenti c’è, con tanto di regali sotto da aprirsi, secondo tradizione, il 24 dicembre. Non solo, ma mi accorgo anche che in molte chiese (vengo dai Fratelli) addirittura durante la distribuzione della cena, la domenica mattina, si suona in sottofondo non un inno del nostro innario, come molte volte capita, ma «Bianco Natale». Resto veramente basito su tutto questo. Puoi per favore darmi un po’ di chiarezza su questo argomento? Tutto ciò per me non è biblico, ma solo frutto di tradizioni pagane. Grazie. {Francesco Santoro; 16-12-2015}

 

Vorrei iniziare con il seguente pensiero, per togliere ogni ombra di dubbio: Non sarà un albero di Natale a far salvare le anime, né tanto meno a farle perdere, a meno che uno non lo adori. Non sarà esso a portare benedizione in una casa o in una sala di culto, né tanto meno a portarvi maledizione, a meno che le luminarie non lo mandino a fuoco, ed esso non consumi tutto ciò, che trova e non rechi seri danni.

     La Bibbia non parla di alberi di Natale, perciò difficilmente si potrà trovare in essa una «risposta biblica» diretta su tale tema. Tuttavia, si possono applicare principi derivati, che riguardano cose simili; si veda in merito gli scritti suggeriti sopra.

     Io personalmente sono assolutamente contrario perché ci sia un albero di Natale a casa mia e nella sala dell’assemblea, che frequento abitualmente.

     Ritengo che un cosiddetto albero di Natale non abbia nulla a che vedere col NT, con la nascita di Gesù a Betlemme, con la vita e il ministero Cristo nella Palestina e con la vita dei credenti al tempo degli apostoli, né a Gerusalemme, né nel resto dell’impero romano.

     Nelle sale di culto delle chiese, in cui ho partecipato alla fondazione, non abbiamo mai messo alberi di Natale, fintantoché sono stato lì come missionario. Su quanto fanno altre chiese non ho arbitrio né responsabilità. Se andassi in visita in un’altra comunità e qui vedessi un cosiddetto albero di Natale, come ospite tacerei sull’argomento, a meno che qualcuno non me lo chiedesse in privato; infatti, non vorrei essere io motivo di scandalo e divisione in un’assemblea per questioni del genere.

     A casa nostra non abbiamo mai fatto il cosiddetto albero di Natale, sebbene mia moglie sia nata in un paese estero e in una cultura, in cui si faceva, e ha sofferto per questo. Tuttavia, non faccio discussioni controverse con i credenti, che lo fanno a casa loro; se c’è l’occasione, spiego il mio punto di vista. Per il resto, non essendo una cosa molto rilevante per la dottrina, ma più che altro sentimentale, applico la seguente raccomandazione biblica: «Vi esortiamo, fratelli, che... vi studiate di vivere in quiete, di fare i fatti vostri...» (1 Ts 4,10s).

     Sebbene io rimanga contrario al cosiddetto  albero di Natale, mi rendo conto che chi lo fa, agisce per romanticismo e non pensa minimamente a offendere Dio o a farne un idolo. Alcuni parlano delle origini pagane dell’albero di Natale, presunte o vere che siano; fatto sta che, se intervistiamo cento famiglie odierne intorno a noi, la stragrande maggioranza pensa al valore romantico, che l’albero ha oggi e basta. Ciò mi porta a tollerare tale cosa nella vita degli altri, sebbene io rimanga contrario al cosiddetto  albero di Natale a casa mia e nella sala di culto della mia chiesa.

     Per il resto rimando ai due scritti menzionati all’inizio.

 

Albero di Natale?

 

 

2.  PRESEPE TRA GLI EVANGELICI?: Il primo lettore mi ha mostrato la sua insofferenza anche su questo tema nella chiesa, che frequenta.

 

«Invece, se un credente, magari con qualche responsabilità, fa il presepe?». {Nunzio Cristofari, ps.; 14-12-2014}

 

Il termine «presepe» (o presepio) intendeva in origine (in latino) ciò che era cinto o chiuso con una siepe; venne, quindi, a significare «mangiatoia, greppia» e, per estensione, anche la «stalla». Oggigiorno intende un’opera figurativa o la rappresentazione della nascita di Gesù, variamente, arbitrariamente e anacronisticamente interpretata nelle chiese cattoliche o nelle case.

     Nel contesto culturale e religioso, in cui ci troviamo, sono molto contrario che gli evangelici si assimilino così alla religione popolare corrente, facendo il presepe. Esso può perdere il suo carattere simbolico e illustrativo e sviare, col tempo, le menti verso forme di venerazione idolatrica. Anche in Israele cose, che furono introdotte come «novità» culturale (usi, costumi, ecc.), finirono per sviare nell’idolatria. Col tempo, le imitazioni prendono tutte le caratteristiche degli originali, senza che vi sia più tra loro tanta differenza.

     Poi, il presepe porta con sé dei falsi storici e teologici (bue e asinello, angeli con le ali, ecc.), oltre alle figure di personaggi, che il cattolicesimo venera. Dio ha proibito non solo il culto delle immagini religiose (Es 20,5; 23,24; Lv 26,1), ma anche di farle e possederle (Dt 27,15 maledetto); ogni tipo di immagine di culto è un abominio per Dio (Dt 29,17; 2 Re 23,24; Gr 16,18) e fa diventare abominevole dinanzi a Lui (Os 9,10; 2 Re 21,16). Inoltre, c’è da tener presente che il cuore dell’uomo è incline al male (Es 32,22; Gr 17,9) e passa facilmente dal simbolismo all’idolatria (cfr. Es 32,23s). Infine, come ha ricordato Gesù: «Dio è Spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in spirito e verità» (Gv 4,24).

     Se non fosse per tali aspetti, tratterei il presepe alla stregua del cosiddetto albero di Natale. Certamente cercherei di convincere i miei interlocutori a desistere da ciò, mostrando ad esempio i seguenti argomenti: ▪ 1. Le immagini religiose portano con sé e di per sé una trappola. ▪ 2. I bambini non sanno distinguere bene fra simboli e realtà. ▪ 3. In tal modo si adattano i figli a credere che non vi sia nulla di male nel farsi delle immagini, cosa che in seguito potrebbe essere per loro una trappola verso l’idolatria. ▪ 4. Ciò che per una generazione è tenuto come simbolico, non lo sarà per forza nella prossima, e il resto lo farà l’abitudine, l’assimilazione delle imitazioni agli originali presenti nell’ambiente circostante e il nuovo consenso, che si creerà nel tempo. ▪ 5. La storia d’Israele è eloquente abbastanza.

 

 

3.  ALBERO, PRESEPE E CANTI NATALIZI: Anche dopo queste spiegazioni, il primo lettore lettore è ritornato alla carica con tali e altre questioni. Si vede che per lui è un problema molto importante e cocente. Infatti, come recita un detto popolare, «la lingua batte là, dove il dente duole».

 

Scusami, vorrei farti un’ultima domanda. Il mio pastore permette l’albero in chiesa, ma io ho qualche dubbio al riguardo; e permette a sua figlia di fare il presepe. Anche lei ha degli impegni nella chiesa, specialmente come corista. Lontano dal voler giudicare, però non credo sia questa la santità, che Dio richiede. È vero, c’è molto altro, ma se non iniziamo dalle piccole cose, dove arriveremo? Arrivati vicino al Natale, in chiesa, si propongono addirittura canti natalizi. Pur facendo parte del coro, io non ne sento la necessità. Questa cosa mi pesa. Posso, nella mia libertà, astenermi dal cantare canti natalizi? {Nunzio Cristofari, ps.; 14-12-2014}

 

 Come ho già detto, io non farei mai l’albero di Natale nella sala di culto, né incoraggerei alcuno a fare il presepe, né tanto meno introdurrei la prassi di cantare «canti di Natale» nel culto dell’assemblea, a cui appartengo. Permettimi una battuta: nella vostra assemblea ci manca solo che presto il pastore benedirà gli alberi di Natale e magari anche i bambinelli, come fa il vescovo di Roma e i suoi sottoposti! Gesù non è bambino da due millenni, ma è il «Signore della gloria» (1 Cor 2,8; Gcm 2,1).

     Un credente ha libertà di astenersi dal cantare canti natalizi? Come non è obbligatorio dire «amen!» alla fine di una preghiera incomprensibile, equivoca o poco edificante (1 Cor 14,16s), così non si è obbligati a cantare cose, che non si condividono. Io stesso non dico «amen!» a tutte le preghiere altrui, né canto inni che contengono equivoci dottrinali. [ Inni che evito di cantare; Musica equivoca fra sacro e profano]

     Penso che si possa applicare qui Romani 14, sebbene parli specialmente di cibi. Rimando a esso, evidenziando solo alcuni versi: «Io so e sono persuaso nel Signore Gesù che nulla è impuro in se stesso; però se uno pensa che una cosa è impura, per lui è impura... Felice colui, che non condanna se stesso in quello che approva. Ma chi ha dei dubbi riguardo a ciò, che mangia, è condannato, perché la sua condotta non è dettata dalla convinzione; e tutto quello che non viene da convinzione è peccato» (vv. 14.22s). Poi, tutto il capitolo parla del riguardo che i «forti» devono avere verso il fratello «debole» (quello con gli scrupoli di coscienza), al fine di non scandalizzarlo, dandogli intoppo (vv. 13.20), e di non contristarlo e perderlo (vv. 15), ma di compiacergli ed edificarlo (v. 19; Rm 15,1s). Ora, si noti, in questo capitolo coloro, che avevano scrupoli alimentari, erano cristiani giudei, che si attenevano ancora alla loro tradizione giudaica, basata comunque sull’antico patto; nel caso dei cosiddetti alberi di Natale, presepi e cose connesse si tratta di costumi, che non hanno alcuna base biblica esplicita. Ciò significa che bisogna a maggior ragione tener presente gli scrupoli di coloro, che non hanno convinzioni natalizie.

 

 

4.  ASPETTI CONCLUSIVI: Ecco qui di seguito alcuni rischi, che si corrono, quando si assimilano i costumi della gente religiosa intorno a noi.

     ■ Primo rischio: Esso è quello di essere fraintesi dagli altri in genere, dagli altri religiosi e da quelli del mondo, che penseranno che siamo come e che veneriamo tali cose come loro. L’Evangelo ne risulterà annacquato.

 

     ■ Secondo rischio: Esso è presente, quando noi credenti ci adattiamo sempre di più agli altri. L’apostasia in Israele non venne da un giorno all’altro, ma imitando lentamente e sempre più i costumi dei popoli (Lv 20,23). Poi, perdendo la sensibilità spirituale e morale, si finisce nella piena idolatria, senza neppure accorgersene (Gr 10,3ss). Infine, si è talmente come gli altri, magari conservando alcune dottrine bibliche o apparentemente tali, che avviene il giudizio storico e la cattività (2 Re 17,7ss). Tale tendenza anche nel cristianesimo è più forte di quanto si possa pensare.

 

     ■ Terzo rischio: Esso è quello di mischiare l’Evangelo con la mitologia religiosa della religione popolare. Una volta che uno inizia a fare commistioni religiose, passando il tempo, perderà la sensibilità per ciò che è vero, legittimo e giusto; e, a mano a mano, si aggiungeranno sempre più nuovi elementi all’altare di Dio (il culto legittimo), senza che ci si renda conto che si tratta di «fuoco estraneo» (cfr. Lv 10,1; Nu 26,61). Tale commistione fra Evangelo e mito religioso nelle chiese porterà a quella religione escatologica, in cui ognuno crederà ciò, che vuole, e praticherà una devozione a proprio arbitrio. «Verrà il tempo che non sopporteranno la sana dottrina; ma per prurito d’udire si accumuleranno insegnanti secondo le loro proprie voglie e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno ai miti» (2 Tm 4,3s). La commistione religiosa porta immancabilmente all’apostasia (cfr. 1 Tm 4,1s).

 

È facile perdere la luce e il sale (Mt 5,13ss). Ogni conduttore, se non veglia e non usa il discernimento scritturale, rischia di diventare come chi ha solo il nome di vivere, ma è spiritualmente morto (Ap 3,1). Quando le cose diventano tali, non è scontato che una tale assemblea sopravviva nella prossima generazione, poiché si può diventare un «resto, che sta per morire» (v. 2). Il Signore Gesù ha minacciato di togliere il «candelabro» di un conduttore, che non si ravvede, ossia di mettere fine alla chiesa locale, che egli presenzia (Ap 2,5).

 

Natale e apologetica cristiana {Nicola Martella} (A)

 

► URL: http://diakrisis.altervista.org/_Cult/A1-Albero_sala_Mt.htm

17-12-2014; Aggiornamento: 17-12-2015

 

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