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«Io prenderò il diritto per livello, e la giustizia per piombino» (Isaia 28,17).

La fede che discerne la ferma verità in un tempo mutevole

«Diakrisis»: Discernimento — «Credere e comprendere»

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Le Origini 1

 

Assaggi di lettura

Scheda minima delle opere

 

 

 

L’opera si presenta in due volumi ed è organizzata come segue:

1° volume (Temi delle origini): Gli articoli introduttivi e i temi di approfondimento

2° volume (Esegesi delle origini): Il commento particolareg­giato basato sul testo ebraico (comprende anche una traduzione letterale posta alla fine)

  Se si eccettua la prima parte del primo volume, che introduce a Genesi 1,1-5,1a, per il resto ambedue i volumi dell’opera sono suddivisi rispettivamente secondo le seguenti parti:

■ La creazione del mondo e dell’uomo 1,1-2,4a

■ L’essere umano nella creazione 2,4b-25

■ La caduta primordiale e il suo effetto 3

■ La fine del resoconto su Adamo 4,1-5,1a.

 

Vedi al riguardo le recensioni.

 

Le Origini 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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QAJIN NON ERA SOLO?

 

 di Nicola Martella

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Qajin considerò ovvio che egli, abbandonando il clan paterno e andando in esilio in terra straniera, sarebbe stato escluso anche da altri gruppi e che là qualcuno avrebbe potuto ammazzarlo per vendetta. Egli diede dunque come assodato che altre zone fossero popolate e che, se la sua famiglia preferì mandarlo in esilio invece di far vendetta, là potevano esserci altri uomini che non se ne facevano alcuno scrupolo. La sua affermazione rendeva quindi chiaro che a quel tempo vaste zone nel paese appena fuori del giardino d’Eden erano popolato da altri uomini. Qajin, per unirsi sessualmente alla sua donna, doveva averla presa da qualche parte e sposata. Non poteva essere rimasto, quindi, solo lui e i suoi genitori, aspettando che il padre a 130 anni generasse un altro figlio maschio e, chissà quando, delle figlie femmine.

 

 

2.  QAJIN NON ERA IL PRIMOGENITO?: In Gn 2,23 la donna fu chiamata ’iššāh dall’uomo in funzione a se stesso (’îš). In 3,20 abbiamo constatato che per l’autore della Genesi era inusuale che fosse dato un nome a qualcuno senza una circostanza specifica, sia in caso di nascita, sia perché gli veniva attribuito un nome nuovo. Qui sarebbe stato inconsueto che l’uomo avesse dato alla sua donna un nome così significativo, Ḥawwāh «Viviana», mettendolo in connessione con la maternità rispetto a tutta l’umanità, senza che si fosse realizzata veramente la circostanza specifica di essere diventata madre. Sarebbe stato ovvio che l’uomo avesse dato alla sua donna un tale nome in occasione della sua prima maternità. L’annuncio dei fastidi di gestazione e delle doglie del parto (3,16) avevano un senso immediato, se Eva fosse stata già incinta o perlomeno se avesse partorito come minimo un figlio, prima che Dio avesse mandato via dal giardino lo ’ādām quale «genere umano» (3,23s). Infatti, è interessante notare che l’autore non disse che l’uomo e sua moglie furono mandati via dal giardino, ma lo ’ādām quale titolare di tutta la sua famiglia o quale genere umano.

     L’uso di ’îš «uomo (maschio)» (in genere adulto o socialmente rilevante) e non di ben «figlio» o di zākār «maschio» da parte di Eva per designare Qajin (4,1), mostra che egli non era il primo discendente in assoluto. Di ciò abbiamo parlato già sopra a proposito dell’attribuzione del nome Ḥawwāh alla donna, definita anche «madre di ogni [essere] vivente» (3, 20). È probabile che Eva avesse partorito Qajin dopo un certo numero di figlie. Nella Genesi, generalmente l’autore non menzionò le figlie quando nacquero (cfr. 46,15), a meno che non fossero rilevanti in seguito, nel corso della narrazione (cfr. Dina in 30,21; 43,1ss). L’entusiasmo, che traspariva dalle parole della madre («Ho procreato un îš!»), era perciò dettato dall’attesa che egli, in qualità di îš, un giorno avrebbe potuto proseguire la discendenza umana e sollevarne le sorti («Questo è l’uomo!»; cfr. 5,29).

     Nel caso di Qajin l’autore non scrisse: «la donna partorì un figlio (o il suo primogenito), a cui dette il nome ***, perché…» (cfr. Gn 29,32-35). Egli scrisse direttamente «partorì Qajin». Similmente accadde per Hëbël. È probabile che Qajin, oltre a non essere il primogenito, non fosse neppure il primo maschio; per questo l’autore non usò ben «figlio» o zākār «maschio», ma ’îš «uomo (socialmente rilevante)». L’autore lo menzionò particolarmente, perché avrebbe avuto un ruolo particolare nel proseguo della narrazione. Infatti, l’autore accostò Gn 3 e 4 in modo tematico, evidenziando non l’intera storia delle origini, ma solo l’origine e lo sviluppo del peccato. Alla seduzione dei genitori si aggiunse ora la premeditazione dei discendenti. Qajin permise all’avversario seduttore di prendere il dominio sopra di lui mediante il peccato e uccise perciò suo fratello, diventando così il primo rappresentante di un’umanità indipendente da Dio e cioè, per così dire, un «seme del serpente».

     Se Qajin fosse stato soltanto uno dei tanti figli, è comprensibile che egli, dopo l’omicidio, temesse d’incontrare gente e d’essere ucciso (4,14).

 

[Segue lo schema del resto del capitolo]

 

 

3.  HËBËL NON ERA IL SECONDOGENITO?

4.  ŠET NON ERA IL TERZOGENITO?

5.  QAJIN ERA SOLO QUANDO ANDÒ VIA?

6.  C’ERA UN’UMANITÀ PARALLELA?

6.1.  LA TESI EVOLUZIONISTA

6.2.  LA MOGLIE DI QAJIN

6.3.  C’ERANO UOMINI NEL PAESE DI NOD?

6.4.  ESISTEVANO DEI NON-ADAMITI?

6.5.  QUANDO SI BARA CON I DATI BIBLICI

 

Tratto da Nicola Martella, Temi delle origini. Percorsi Biblici 5 (Punto°A°Croce, Roma 2006), pp. 345-350.

 

► URL: http://diakrisis.altervista.org/Lese/Let_Ori1.htm

15-04-2011; Aggiornamento:

 

Punto°A°Croce

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